Ciao ciao Italia: vanno via anche gli over 50

Ciao ciao Italia: vanno via anche gli over 50

Altri 243mila se ne sono andati nel 2017

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Via dall’Italia, dove il lavoro non ce n’è o ce n’è troppo poco: anche nel 2017 è continuato inarrestabile l’esodo dalla Penisola. In cerca di un futuro migliore se ne sono andati in 234mila. Di questi 128.193 sono uffi cialmente espatriati spostando la loro residenza fuori dai confi ni nazionali. Si parte, per scelta o necessità, a tutte le età ma nel 2017 è cresciuto in modo signifi cativo l’esercito degli over 50 che sono rimasti disoccupati e sperano di sbarcare il lunario all’estero dove molto spesso raggiungono fi gli e nipoti.

Questa fotografi a tutt’altro che entusiasmante emerge dal Rapporto “Italiani nel Mondo 2018” della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Il rapporto, un lavoro di oltre cinquecento pagine al quale hanno contribuito ben sessantaquattro autori, è giunto alla sua tredicesima edizione ed è stato presentato a Roma il 24 ottobre.

Il 37,4% di chi l’anno scorso è uffi cialmente espatriato dalla Penisola (quasi 48 mila persone) aveva tra i 18 e i 34 anni mentre quelli tra i 35 ed i 49 sono stati poco più di 32 mila. L’impennata maggiore ha però riguardato le persone dai 50 ai 64 anni (+20,7%) e quelle dai 65 ai 74 anni (+35,3%) mentre mille sono i supervecchi – dagli 85 anni in su – che hanno portato le proprie ossa fuori dai patri confi ni.

Gli over 50 si sono in genere riuniti con figli e nipoti già installati all’estero mentre e’ aumentato in modo vistoso anche l’esercito dei pensionati che se ne vanno in Paesi dove pagano meno tasse o addirittura niente tasse come è il caso del Portogallo. Consistente anche il numero dei minorenni a tutti gli effetti emigrati nel corso del 2017: 24.570 e cioè il 19,2% del totale degli espatriati uffi ciali, a riprova che in fuga sono spesso e volentieri nuclei familiari completi.

Complessivamente sono oltre 5 milioni gli italiani che vivono all’estero. Un numero in continua crescita da dodici anni: dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire) ai 5.114.469 del 1 gennaio 2018. Nel 2017 l’incremento è stato di circa il 3%.

Si tratta del l’8% del totale dei residenti in Italia, che supera di poco la soglia dei sessanta milioni di individui. Particolare curioso: nella Penisola sono installati circa cinque milioni di stranieri, una cifra analoga a quella degli italiani all’estero. L’Europa è il continente che nel 2017 ha accolto la percentuale più elevata di emigranti italiani (54%) mentre alle Americhe spetta un sostanzioso 40% (il 32% in America Latina, con Brasile e Argentina in testa).

In assoluto le mete europee privilegiate sono Germania, Regno Unito, Francia, Portogallo, Spagna e Irlanda. Nel 2017 la Germania (20.007) è tornata ad essere la meta più gettonata mentre al secondo posto c’è il Regno Unito (18.517) che con oltre 6 mila arrivi in meno registra a causa delle incertezze legate alla Brexit un decremento del -25,2%. Il Portogallo, invece, registra la crescita più signifi cativa (+140,4%), grazie ai pensionati a caccia di Paesi dove si pagano meno tasse e il costo della vita è contenuto. Oltre che in Portogallo questi pensionati hanno privilegiato Marocco, Thailandia, Spagna, Tunisia, Santo Domingo, Cuba e Romania.

Non mancano nemmeno i migranti “di rimbalzo”, una categoria un po’ atipica e meno frequente delle altre, ma non per questo meno interessante: si tratta di quelle persone che tornano in Italia in tarda età e poi per ragioni varie rientrano nel Paese che li ha accolti per quasi tutta la vita.

Oltre cento sono state le province italiane che hanno visto un esodo da parte dei loro cittadini: Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le prime cinque province di partenza. Per quanto riguarda le regioni, abbiamo in testa alla classifica la Lombardia, seguita da Emilia-Romagna, Veneto, Sicilia e Puglia

La crescente partenza di over 50 ha creato “nuove strategie di sopravvivenza”, con genitori e nonni che prima dell’abbandono defi nitivo della patria trascorrono periodi sempre più lunghi all’estero con fi gli e nipoti già in mobilità e poi alla fi ne optano per il completo trasferimento cercando di reinventarsi.

Un esempio concreto di questa reinvenzione è La mia mammà, un ristorante di cucina italiana dove a cucinare sono le mamme dei giovani italiani che hanno scelto Londra come meta del loro progetto migratorio. Le cuoche sono chiamate a fare un lavoro in turnover: ogni tre mesi, cioè, si alternano modificando i menù sulla base delle loro regioni di origine.

Alla presentazione del rapporto il cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, ha sottolineato che “è fondamentale inserire l’emigrazione italiana nell’insegnamento scolastico, alla pari dei corsi di lingua italiana all’estero” in quanto “accanto alla consapevolezza della cultura d’origine, c’è inoltre la necessità del migrante di costruire una relazione con l’altro e con la comunità che lo accoglie con carità”.

“Migrare è allontanarsi umanamente da ciò che si conosce per andare verso l’ignoto. Vi è spesso un malessere in questa generazione neo-mobile”, ha detto il cardinale parlando anche del tema caldo del riconoscimento della cittadinanza. “La cittadinanza non sia solo qualcosa di fi nalizzato ad uso personale, ossia non sia un mero documento: deve invece essere un valore identitario da raff orzare attraverso il racconto dei nonni e dei genitori. Molti nonni e genitori decidono di ricongiungersi ai fi gli per inseguire quell’idea di stare insieme in qualunque luogo: sappiamo quanto il Papa esalti ad esempio proprio la fi gura dei nonni. D’altronde la famiglia di Papa Francesco, famiglia di origini piemontesi, dal 1922 ha cominciato la sua storia in Argentina con la partenza dall’Italia dei fratelli del nonno del Santo Padre. Possiamo dire che il diritto al viaggio debba essere concepito come un diritto all’esistenza: ciascuno deve essere libero di partire e di restare, di tornare e ricominciare”.

Ricardo Merlo, sottosegretario agli Esteri con delega agli italiani nel mondo, nato a Buenos Aires da genitori veneti, ha da parte sua promesso un raff orzamento della rete consolare in modo da fornire una migliore assistenza agli emigrati e ha parlato della sua famiglia: “Mio nonno – ha raccontato – è emigrato dopo la prima guerra mondiale; successivamente si è fatto raggiungere anche dalla nonna, da mio padre e dagli zii. Eravamo una famiglia povera, fatta di gente che non poteva far altro che emigrare. Sono cresciuto in due istituzioni, come la parrocchia e le associazioni di volontariato, ed è con quel movimento cattolico che mi sono avvicinato alla politica. Siamo europeisti e i nostri valori sono quelli occidentali e cristiani: veniamo da una cultura cattolica come parte della nostra stessa identità”.

Michele Schiavone, Segretario Generale del Cgie (Consiglio generale degli italiani all’estero), ha approfi ttato della presentazione del rapporto per chiedere il ripristino delle commissioni parlamentari (una al Senato e l’altra alla Camera) incentrate sui problemi degli emigrati e ha lamentato il fatto che “in Italia manca un ministero dell’Emigrazione”. Schiavone ha anche ringraziato la fondazione Migrantes per “il lavoro svolto, in ambito sociale e religioso,” a favore delle comunità italiane insediate ai quattro angoli della Terra.