Per la prima volta nella sua storia millenaria la Chiesa Cattolica ha fatto beato un magistrato. L’onore è toccato lo scorso maggio a Rosario Livatino, “il giudice ragazzino”, ucciso a 38 anni nel 1990 dalla mafia siciliana che combatteva senza quartiere anche in nome della sua fervente fede religiosa.
Livatino – giudice a latere al tribunale di Agrigento, tra i primi a utilizzare la confisca dei beni nella lotta alla mafia – morì il 21 settembre 1990 in un agguato nei pressi di Canicattì sulla strada tra Agrigento e Caltanisetta. Qualche capomafia lo aveva soprannominato “il santocchio” perché’ quasi ogni giorno andava in chiesa a pregare. “Picciotti, che vi ho fatto?”, avrebbe detto ai suoi assassini prima di cadere a terra.
Proprio nella cattedrale di Agrigento è stato proclamato beato dal cardinale Marcello Semeraro che di lui ha detto: “Nella vita del martire Livatino ritorna “il motto S.T.D. che ordinariamente s’intende comeSub Tutela Dei e che il nostro beato inseriva, magari sovrastato dal segno della Croce, in pagine speciali dei suoi scritti. I giusti, scriveva un autore del XII secolo, si collocano sotto la Croce, si pongono, cioè, sub tutela divinae protectionis e così si saziano dei frutti dell’albero della vita. È quanto è accaduto al giudice Livatino, il quale è morto perdonando come Gesù ai suoi uccisori”.
Nel giorno della beatificazione di Rosario Livatino, la Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha rivolto un invito ad “alzare lo sguardo verso un autentico modello di operatore di giustizia”.” La testimonianza del primo magistrato italiano proclamato beato ci è offerta dalla sua vita spesa per la causa della giustizia, prima ancora che dal suo supremo sacrificio. Per lui, ‘rendere giustizia’ – ha sottolineato la Guardasigilli – determinava un modo d’essere, oltre che uno stile nell’esercizio delle sue funzioni. L’uno e l’altro scevri da “ogni vanità e soprattutto da ogni superbia” – come amava ripetere. E qui si radica la sua autorevolezza salda, autentica, credibile”.
“Ora che è beato, dobbiamo stare attenti a non farne un “santino” da invocare o da celebrare. Il miglior modo per ricordarlo è invece imitarlo nel suo luminoso esempio di virtù civili e cristiane”, ha affermato da parte sua don Luigi Ciotti, un famoso prete molto impegnato nel sociale. Secondo il sacerdote Livatino “ha vive nella memoria di chi l’ha conosciuto. Vive nel lavoro della cooperativa di giovani che porta il suo nome, e coltiva le terre confiscate ai boss. Vive nell’ammirazione di tanti magistrati, giuristi e studenti che a lui si ispirano nel coltivare l’amore per il diritto e soprattutto per i diritti di ogni persona. Vive nell’impegno di chiunque si spenda contro ogni forma di prepotenza, violenza e sopraffazione dell’uomo sull’uomo”.
Su Livatino è stato girato nel 1994 da Alessandro di Robilant un bel film intitolato “Il giudice ragazzino”, con Giulio Scarpati nel ruolo del protagonista. Fu il defunto presidente della Repubblica Francesco Cossiga a definite “giudici ragazzini” una serie di giovani magistrati molto attivi sul fronte della lotta alla mafia e più in generale sul fronte della repressione della criminalità organizzata.
La Redazione