Continua l’esodo degli italiani

Continua l’esodo degli italiani

Nel 2019 altri 131.000 sono espatriati

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 “È nostro dovere costruire le condizioni per garantire ai connazionali all’estero la possibilità di tornare in Italia nel medio periodo”, ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte quando il 27 ottobre scorso ha partecipato in videoconferenza alla presentazione del quindicesimo “Rapporto italiani nel Mondo” che segnala l’ulteriore espatrio di altri 131mila italiani nel corso del 2019.

I numeri parlano chiaro e dicono che ci vorrebbero sforzi davvero immani per invertire il trend come auspicato da Conte: Nel 2006 – anno in cui la Fondazione Migrantes pubblicò  la prima edizione del rapporto  – gli iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) erano 3.106.251.    Al 1° gennaio 2020 erano saliti a 5.486.081, cioè il 9,1% della popolazione italiana. In quindici anni la mobilità dalla Penisola è dunque aumentata del +76,6%, un boom di espatri paragonabile a quello registrato nel Secondo Dopoguerra.
In particolare, nel 2019, hanno lasciato l’Italia 131mila persone. Sono partite soprattutto dalle regioni del Nord, Lombardia e Veneto su tutte, ma in generale da tutta Italia; più che nord e sud, si parte da tutti quei territori dove c’è più malessere. Tra le “narrazioni sbagliate” da correggere anche quella che vuole che a partire siano solo “i cervelli”: in realtà  ad andarsene è sempre di più chi ha un titolo di studio medio, che va alla ricerca di lavori generici. Chi parte è giovane: oltre il 41% di quanti se ne sono andati nel corso del  2019 aveva tra i 18 e i 34 anni.

Negli ultimi 15 anni la crescita ininterrotta dell’emigrazione ha visto sempre più assottigliarsi la differenza di genere: le donne sono passate dal 46,2% sul totale iscritti 2006 al 48,0% del 2020. Si tratta di una collettività che, rispetto al 2006, si sta ringiovanendo grazie alle nascite all’estero (+150,1%) e alla nuova mobilità costituita sia da nuclei familiari con minori al seguito (+84,3% della classe di età 0-18 anni) sia dai giovani e giovani adulti immediatamente e pienamente da inserire nel mercato del lavoro (+78,4% di aumento rispetto al 2006 nella classe 19-40 anni). 
In soli 4 anni le peculiarità di chi parte dall’Italia sono completamente cambiate più volte. Se dal 2017 al 2018 è stato riscontrato un certo protagonismo degli anziani, nell’arco degli ultimi quattro anni si rileva una crescita nelle partenze di minori dai 10 ai 14 anni (+11,6%) e di adolescenti dai 15 ai 17 anni (+5,4%), ai quali si uniscono i giovani (+9,3% dai 18 ai 34 anni) e gli adulti maturi (+9,2% dai 50 ai 64 anni).
Negli ultimi 15 anni (2006-2020) la presenza italiana all’estero si è rafforzata soprattutto in Europa e nelle Americhe , ma con una differenza sostanziale.
Il continente americano, soprattutto l’area latino-americana è cresciuta grazie alle acquisizioni di cittadinanza (+123,4% dal 2006) coinvolgendo soprattutto il Brasile (+221,3%), il Cile (+123,1%), l’Argentina (+114,9%) e, solo in parte in quanto la crisi è sicuramente più recente, il Venezuela (+47,4%). Oltre il 70% (+793.876) delle iscrizioni totali avute in America dal 2006 ha riguardato soltanto l’Argentina (+464.670) e il Brasile (+329.206).

L’Europa, invece, negli ultimi quindici anni, è cresciuta maggiormente grazie alla nuova mobilità (+1.119.432, per un totale, a inizio 2020, di quasi 3 milioni di residenti totali). A dimostrarlo gli aumenti registrati nelle specifiche realtà nazionali. Se, però, i valori assoluti fanno risaltare i paesi di vecchia mobilità come la Germania (oltre 252 mila nuove iscrizioni), il Regno Unito (quasi 215 mila), la Svizzera (più di 174 mila), la Francia (quasi 109 mila) e il Belgio (circa 59 mila), sono gli aumenti in percentuale, rispetto al 2006, a far emergere le novità più interessanti. Per questi stessi paesi, infatti, si riscontrano le seguenti indicazioni: Germania (+47,2%), Svizzera (+38,0%), Francia (+33,4%) e Belgio (+27,3%).
Per il Regno Unito, invece, e soprattutto per la Spagna, gli aumenti sono stati molto più consistenti, rispettivamente +147,9% e +242,1%. Le crescite più significative, comunque, dal 2006 al 2020, restando in Europa, caratterizzano paesi che è possibile definire “nuove frontiere” della mobilità: Malta (+632,8%), Portogallo (+399,4%), Irlanda (+332,1%), Norvegia (+277,9%) e Finlandia (+206,2%). In generale, però, lo sguardo degli italiani si è spostato anche a Oriente, più precisamente agli Emirati Arabi o alla Cina.

Se nel 2006, stando ai dati ISTAT, il 68,4% dei residenti ufficiali all’estero aveva un titolo di studio basso – licenza media o elementare o addirittura nessun titolo – il 31,6% era in possesso di un titolo medio alto (diploma, laurea o dottorato).

La presenza italiana nel mondo è soprattutto meridionale (2,6 milioni, 48,1%) di cui il 16,6% (poco più di 908 mila) delle Isole; quasi 2 milioni (36,2%) sono originari del Nord Italia e quasi 861 mila (15,7%) del Centro.

Nel suo intervento in videoconferenza il premier Conte ha promesso una riflessione del governo “ sulle motivazioni che ancora spingono tanti italiani, giovani e meno giovani, a scegliere la via dell’espatrio” e ha fatto balenare la possibilita’ di incentivi per il rientro:  “La nuova mobilità verso l’estero per motivi di studio o di lavoro è una strada che vorremmo non a senso unico, ma percorribile in entrambe le direzioni. In un momento così difficile come quello che stiamo vivendo, segnato dalla pandemia, l’Italia ha bisogno di chiamare a raccolta le proprie energie migliori e tra queste vi sono senz’altro quelle dei tanti giovani che sono in questo momento all’estero. A loro dobbiamo offrire delle opportunità, assistenza e servizi attraverso ambasciate e consolati, ma anche incentivi a rientrare nel nostro paese”. 

Da parte sua il presidente della Repubblica Sergio Matatrella ha mandato un messaggio dove il rapporto della fodazione Migrantes viene definito “un punto di riferimento” per chiunque voglia studiare la mobilità degli italiani. 

“La pubblicazione – ha sottolineato il Capo dello Stato –  – offre chiavi di lettura sulle dinamiche di mobilità che riguardano il nostro Paese, ponendo al centro dell’analisi l’umanità della persona e le complesse ragioni che spingono i singoli a spostarsi”. 

Alla presentazione del rapporto della Fondazione Migrantes, creata e controllata dalla Conferenza Episcopale Italiana, ha partecipato anche il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che ha fornito un dato interessante:  “L’Italia  – ha indicato – beneficia delle pensioni pagate dall’estero nel nostro Paese” per 3,5 miliardi di euro all’anno mentre ne versa  all’estero per 466 milioni, una situazione definita di “vantaggio netto”, dovuta al fatto che l’Italia è stata un paese prevalentemente migratorio.