
A meno di un anno dalla schiacciante vittoria elettorale che li ha portati al governo del Regno Unito dopo 14 anni all’opposizione i laboristi del primo ministro Keir Starmer navigano in brutte, bruttissime acque: se si tornasse adesso alle urne Reform – il partito populista di destra radicale con a capo Nigel Farage – prenderebbe più voti di loro e sarebbe in grado di andare al potere in alleanza con i conservatori.

Un sondaggio, realizzato a febbraio da YouGov per il quotidiano Times, ha mostrato – sulla scia di sondaggi analoghi – che al momento in caso di chiamata elettorale il 25% dei britannici sceglierebbe Reform, il 24% Labour e il 21% voterebbe per i conservatori.
Economia stagnante, aumento delle tasse, eliminazione di una serie di sussidi per le fasce più deboli, incapacità di formulare una politica convincente contro l’immigrazione clandestina: per molte ragioni, alcune fuori dal suo controllo, il Labour si è mangiato parecchio del capitale di fiducia che con le elezioni del 4 luglio scorso lo ha proiettato nella stanza dei bottoni grazie al 33,7% dei suffragi incassati.
In quanto a leadership il cauto e pacato Starmer – centrista come nemmeno lo è stato Tony Blair all’epoca del “New Labour” – sembra decisamente surclassato dalla parlantina dello spumeggiante Farage.
Sessant’anni, assieme all’ex-premier Boris Johnson il più ingombrante paladino della Brexit, amico del presidente americano Donald Trump, Farage sembra il segnale che sulla scia degli Stati Uniti e di parecchi Paesi europei il Regno Unito si appresta anch’esso a entrare in una nuova era politica: quella del populismo di destra, con ricette semplici (e semplicistiche) in risposta a problemi complessi che i partiti tradizionali non sembrano in grado di risolvere. Le promesse di Reform sono chiare e lapidarie: lotta senza quartiere all’immigrazione clandestina e meno tasse per tutti.
Ovviamente le elezioni non sono dietro l’angolo, le prossime sono in calendario – a meno di terremoti imprevedibili – nel 2029 e da qui ad allora il cammino è davvero lungo e d è davvero difficile prevedere come sarà mai il mondo tra quattro anni. Va aggiunto che il duopolio tra laboristi e conservatori regge dal 1922 malgrado a più riprese siano apparse sulla scena politica terze forze che hanno tentato di scardinarlo ma alla fine hanno fallito.
Il paradosso attuale è che Farage è ritornato prepotentemente in auge in un momento in cui la maggioranza dei sudditi di Sua Maesta’ da’ un giudizio negativo dei primi cinque anni di Brexit (entrata in vigore il 1° gennaio 2020). Proprio quella Brexit che Farage vorrebbe ovviamente rilanciare, allontanando ancor più Londra da Bruxelles.
A quanto sottolineano i politologi il partito di Farage risulta nel frangente attuale il più gettonato perché’ sembra in grado di rubare elettori sia al Labour che ai conservatori e di spingere alle urne una fetta di astensionisti.
Dunque, allacciatevi le cinture! Farage è in pista più che mai e si profilano tempi “interessanti” …