Volete accelerare i tempi di accesso alla cittadinanza italiana per gli stranieri con residenza legale nella Penisola? Desiderate norme più stringenti per i licenziamenti e una maggiore responsabilità di azienda appaltatrici e subappaltatrici in caso di infortunio sul lavoro?
Gli italiani, anche quelli che vivono all’estero, sono chiamati a pronunciarsi a giugno su questi temi al centro di cinque referendum abrogativi di iniziativa popolare, promossi dalle opposizioni di sinistra e osteggiati dalla maggioranza di destra al governo.
In Italia i referendum saranno votati l’8 e il 9 giugno, in accoppiata al secondo turno delle elezioni amministrative parziali che interessano in tutto appena 124 comuni. All’estero sarà ancora una volta usato il controverso voto per posta (controverso perché’ si presta a frodi e abusi).
Come al solito, i quesiti sono stati scritti in una lingua più vicino all’ostrogoto che a quella di Dante. Prendete il primo, che riguarda il dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana. Suona così: “Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?”.
I quattro altri referendum puntano invece a smontare il cosiddetto “Job Act” introdotto nel 2016 dal governo Renzi per rendere più flessibili le norme sul lavoro e in particolare a rendere meno onerosi per le aziende i licenziamenti.
Piatto forte della chiamata alle urne doveva essere un referendum sull’autonomia differenziata concessa alle regioni (fortemente voluta dalla Lega e fortemente contestata dalle opposizioni di sinistra) ma la Corte Costituzionale l’ha escluso dopo aver invalidato gran parte del progetto.
I promotori dei referendum (quelli sul lavoro vedono in prima fila il sindacato CGIL) avrebbero voluto che i cinque quesiti fossero sottoposti agli elettori in simultanea con il primo turno delle elezioni amministrative parziali, il 25 e 26 maggio, nella speranza di un’affluenza più alta.
Sembra molto probabile che i cinque referendum si risolveranno in un vacuo esercizio di stile: perché’ risultino validi bisogna infatti che almeno metà degli aventi diritti si rechino alle urne. Un obiettivo che appare impossibile da centrare. La soglia del 50% aveva un senso quando decenni fa andava a votare oltre l’80% degli elettori, adesso – con il partito degli astenuti che vince regolarmente tutte le elezioni – non ha semplicemente più senso un’asticella cosi’ alta.
All’estero hanno diritto di voto tutti gli italiani iscritti all’AIRE. Possono votare anche gli italiani temporaneamente all’estero per motivi di salute, lavoro o studio, a condizione che comunichino il loro status ai consolati di riferimento entro i termini stabiliti, tramite moduli e piattaforme online del ministero.
Tre settimane prima della data del voto, il materiale elettorale (detto “plico”) dovrebbe pervenire all’indirizzo di residenza dichiarato nelle liste AIRE e si ha una settimana di tempo dalla ricezione per rispedire il plico al consolato di riferimento.
LaRedazione