L’Unione Europea punta ad armarsi in reazione all’aggressivo revanscismo russo e alla sorda ostilità dell’America di Donald Trump nei confronti dei “parassiti e scrocconi” del Vecchio Continente e la classe politica italiana che fa? Si lacera, si insulta, si divide sulla validità e attualità di un progetto europeista abbozzato da tre antifascisti al confine nell’isola laziale di Ventotene nel lontanissimo 1941 quando infuriava la seconda guerra mondiale.
Quel progetto, chiamato “Manifesto di Ventotene”, fu scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi con la collaborazione di Eugenio Colorni ed è considerato una delle pietre fondanti degli sforzi per la promozione dell’unità politica europea. Al centro c’è infatti il sogno di futuri Stati Uniti d’Europa. Non a caso il più importante palazzo comunitario a Bruxelles si chiama proprio Bâtiment Altiero Spinelli. E all’antico manifesto del 1941 hanno ancora una volta fatto la loro bandiera i circa cinquantamila manifestanti pro-Ue che in risposta ad un appello lanciata dal giornalista-scrittore Michele Serra sulle colonne del quotidiano “La Repubblica” si sono radunati a Roma a Piazza del Popolo lo scorso 15 marzo a difesa della povera e frammentata Europa minacciata da est per mano di Putin e da ovest per mano di Trump.
Pur generico e a conti fatti inoffensivo, l’europeismo di quella piazza romana non e’ piaciuto per nulla alla premier Giorgia Meloni che proviene da una cultura politica completamente diversa (il post-fascismo del Movimento Sociale Italiano) e che il 19 marzo parlando alla Camera ha sferrato un durissimo attacco al Manifesto di Ventotene nella piena consapevolezza di prendere ancora una vola un atteggiamento divisivo.
“Alla manifestazione che è stata fatta sabato a Piazza del Popolo e anche in quest’Aula – ha dichiarato la premier italiana – è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene. Spero che tutte queste persone in realtà non lo abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe francamente spaventosa. Quella certamente non è la mia Europa”.
Giorgia Meloni ha cercato di demolire quel testo (in realtà poi riveduto e corretto dai tre autori e da contestualizzare storicamente) leggendone alcuni controversi e datati passaggi: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista”; “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso”; “Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente”, “La metodologia democratica sarà un peso morto”.
Dopo queste parole della premier le opposizioni sono insorte e si è scatenato il putiferio. Il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS) Marco Grimaldi di Avs ha urlato: “Ci sentiamo offesi e indignati, non si può dileggiare chi ha salvato la nostra patria: se non ci fosse stata una Resistenza la parola patria non avrebbe lo stesso suono, dovete dire grazie a quei rivoluzionari e chiedere scusa”. Quasi con le lacrime agli occhi Federico Fornaro, parlamentare del Partito Democratico (PD), ha ribattuto che del Pd per il quale “il Manifesto di Ventotene non è quello che sostiene Meloni, è l’inno dell’Europa federale contro i nazionalismi che sono stati il cancro del Novecento, provocando due Guerre mondiali con milioni di morti”.
“Non è accettabile fare la caricatura di quegli uomini, lei presidente Meloni siede in questo Parlamento anche grazie a loro, questo è un luogo sacro della democrazia e noi siamo qua grazie a quei visionari di Ventotene che erano confinati politici. Si inginocchi la presidente del Consiglio di fronte a questi uomini e queste donne, altro che dileggiarli. Vergogna! Vergogna! Vergogna!”, ha incalzato Fornaro.
Pur avendo innescato lei le polemiche la premier il giorno dopo si è detta “sconvolta dalla reazione che ho visto ieri in Aula, con parlamentari della Repubblica che sono arrivati sotto i banchi del governo con insulti e ingiurie”.
“Sono stata insultata io. Penso francamente – ha ribattuto Giorgia Meloni – che la sinistra stia perdendo il senso della misura. Penso che stia uscendo fuori un’anima illiberale, nostalgica”.
Particolare curioso: la tempesta sul manifesto di Ventotene ha messo in secondo piano le clamorose fratture esistenti sia nella maggioranza che nell’opposizioni sull’opportunità di spendere 8000 miliardi di euro nei prossimi anni per creare una difesa europea autonoma a rispetto agli Stati Uniti.
Nella coalizione di centro-destra al potere la Lega del vicepremier Matteo Salvini è ferocemente contrario al riarmo europeo e su analoghe posizioni di rigetto totale si trova il secondo partito d’opposizione – Movimento 5 Stelle capeggiato dall’ex-premier Giuseppe Conte – che ha indetto una manifestazione in piazza il 5 aprile contro “questo folle piano di riarmo” e sollecitare in alternativa “maggiori investimenti ma ben destinati alla sanità, per contrastare il caro vita e il caro bollette”.
