Addio, Papa Francesco: il 266esimo pontefice della Chiesa Cattolica Romana è “tornato alla Casa del Padre” la mattina del 21 aprile alle ore 7.35, il giorno dopo che a Pasqua ha impartito la benedizione “Urbi et Orbi” e ha fatto in “papamobile” un ultimo, imprevisto bagno di folla tra i fedeli a Piazza San Pietro.
Aveva 88 anni, era in condizioni di salute molto precarie in seguito ad una polmonite doppia che tra febbraio e marzo l’aveva costretto a cinque settimane di ospedale e per due volte gli aveva fatto rischiare la morte. Un improvviso ictus cerebrale gli è stato fatale.

Dopo averlo dimesso da Policlinico Gemelli lo scorso 23 marzo i medici gli avevano ordinato due mesi di riposo assoluto ma non sono stati ascoltati: il Papa, pur non avendo quasi più voce e palesemente sofferente e con il volto scavato, è comparso più volte in pubblico, ha incontrato i reali britannici Carlo e Camilla in visita in Italia e la mattina del 20 aprile – il giorno di Pasqua – ha ricevuto brevemente il controverso vicepresidente americano J D Vance, che nel 2019 si è convertito al cattolicesimo sposandone però le tendenze più conservatrici e reazionarie.
Con il suo decesso se ne va una delle figure di maggior spicco della scena internazionale, infaticabile nella battaglia per la pace e per la giustizia, aspramente critico nei confronti dell’Amministrazione americana Trump-Vance per la gestione repressiva dell’emigrazione. A febbraio, prima del ricovero, aveva avuto parole di fuoco per quanto sta succedendo in Usa: “Ho seguito da vicino la grave crisi che si sta verificando negli Stati Uniti con l’avvio di un programma di deportazioni di massa. La coscienza rettamente formata non può non esprimere – aveva denunciato – un giudizio critico ed esprimere il proprio dissenso verso qualsiasi provvedimento che identifichi tacitamente o esplicitamente la condizione illegale di alcuni migranti con la criminalità”.
Jorge Mario Bergoglio era nato a Buenos Aires in Argentina il 17 dicembre 1936 in una famiglia con radici liguri e piemontesi ed era diventato il leader del mondo cattolico il 13 marzo 2013 dopo la clamorosa rinuncia di Benedetto XVI. Prima di lui né il Sud America né l’Ordine dei Gesuiti ne avevano mai espresso uno.
Prima che un’impetuosa vocazione religiosa lo portasse ad entrare in seminario nel marzo 1958 Jorge Mario – figlio di un impiegato delle ferrovie salpato nel 192 da Genova in cerca di fortuna in Argentina assieme ai genitori Giovanni e Rosa – si era diplomato perito chimico e aveva addirittura lavorato come buttafuori in un locale malfamato di Córdoba.
Nell’autobiografia racconta come in quella fase iniziale della sua vita provò “attrazione per due ragazze in quel tempo”, “ma non furono fidanzamenti ufficiali, uscivamo in compagnia, andavamo a ballare il tango. Avevo diciassette anni, e dentro di me già c’era l’inquietudine della vocazione e del sacerdozio”. Pima ancora, da bambino, ebbe “un’’infatuazione infantile per una ragazzina”, sua compagna di scuola. “Le scrissi – ha poi raccontato – una lettera in cui le dicevo che ci saremmo dovuti sposare, tu o nessuna, e per dar forza a quella proposta disegnai pure la casetta bianca che avrei comprato e dove un giorno saremmo andati ad abitare, un disegno che incredibilmente quella bambina ha conservato per tutta la vita”.
Ordinato sacerdote nel 1969, il futuro Santo Padre si era dedicato a lungo all’insegnamento diventando arcivescovo di Buenos Aires nel 1998 dopo esserne stato il. vescovo ausiliare dal 1992. Nella città natale Bergoglio – cardinale dal febbraio 2001 – si mise prontamente in vista per uno stile improntato a grande semplicità e affabilità al fatto che si muoveva con i mezzi pubblici e preferiva vivere in un piccolo appartamento (cucinandosi lui stesso i pasti) invece che nei fasti della sede episcopale.
Prima ancora della sepoltura (da lui voluta fuori delle Mura Vaticane, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, in una tomba nella terra “semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus”), si sono subito scatenate le congetture sui “papabili” e cioè sui cardinali che potrebbero aspirare alla successione.
La maggioranza dei “vaticanisti” è convinta che la linea “progressista” di Francesco (apertura alle altre religioni, attenzione al ruolo delle donne dentro la chiesa e in particolare promozione di suore a posti di grande responsabilità, fine degli anatemi nei confronti dei divorziati e degli omosessuali, lotta dura alla pedofilia nel clero) sarà confermata. Non foss’altro perché’ 110 dei 135 cardinali chiamati al conclave per la scelta del successore sono stati nominati dal pontefice defunto, il primo a farsi chiamare Francesco adottando – non succedeva da 11 secoli – un nome mai utilizzato da un predecessore.
“Proprio in relazione ai poveri – aveva raccontato Papa Bergoglio – ho pensato a Francesco d’Assisi. Ho pensato alle guerre…… Francesco è l’uomo della pace. E così è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della po vertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero… Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”
Esponente di punta dell’ala “progressista” della Chiesa, il defunto pontefice è stato a più riprese paragonato per la sua grande empatia al popolarissimo “Papa Buono” Giovanni XXII.
LaRedazione

