Dal gennaio 2027 gli studenti italiani, al pari di quelli degli altri Paesi Ue, potranno di nuovo frequentare un anno di università in UK grazie al ripristino del programma Erasmus+ che offrirà opportunità educative e formative anche per apprendisti, ragazzi e ragazze delle scuole secondarie superiori e sportivi.
Gli studenti europei erano stati tagliati fuori dal Regno Unito con la Brexit, per colpa dell’allora premier Boris Johnson che era uscito dal programma europeo di scambio tra studenti (dove poteva restare) non giudicandolo conveniente. Lo scorso 17 dicembre il governo laborista con a capo Keir Starmer, interessato a migliorare al massimo i rapporti con Bruxelles e sempre più pronto a denunciare la Brexit come costoso madornale errore, ha sconfessato Johnson e annunciato un accordo con l’Unione Europea per il rientro nell’Erasmus+ a partire da inizio 2027.
I giovani dell’Ue potranno quindi ritornare in UK pagando la stessa retta dei loro coetanei british che a loro volta avranno anch’essi la possibilità di aggregarsi per un anno ad una università del Continente.
Al momento nulla vieta ad un giovane italiano, francese o ungherese di iscriversi ad un’università UK ma sborsando la cosiddetta “tariffa internazionale”: fino a 38.000 sterline all’anno mentre con l’Erasmus+ la retta è calmierata ad un massimo di 9,535 sterline.
Oltre 100.000 persone nel Regno Unito – ha indicato il governo Starmer in una nota – potrebbero beneficiare del programma solo nel primo anno.
Per i laboristi non ci sono dubbi: “i dati dimostrano che studiare all’estero può migliorare le prospettive di carriera degli studenti, in particolare di quelli provenienti da contesti svantaggiati”.
“Aderire a Erasmus+ – ha dichiarato il Ministro per le Relazioni con l’UE Nick Thomas-Symonds – è una grande vittoria per i nostri giovani. Si abbattono barriere e si ampliano gli orizzonti per garantire che tutti, da ogni contesto, abbiano l’opportunità di studiare e formarsi all’estero.Non si tratta solo di viaggiare: si tratta di competenze future, successo accademico e di dare alla prossima generazione accesso alle migliori opportunità possibili”.
Boris Johnson aveva cancellato la partecipazione al programma ritenendolo troppo sbilanciato a favore dell’Unione Europea e in effetti nell’ultimo anno di funzionamento, 2018-19, trentamila erano stati gli studenti europei arrivati in UK con l’Erasmus+ mentre il viaggio opposto aveva interessato soltanto 18,300. Questo sbilanciamento avrebbe rappresentato per il contribuente britannico una perdita calcolabile in circa 200 milioni di sterline all’anno. Proprio per questo il governo laborista ha adesso negoziato “termini finanziari che raggiungono un equilibrio equo tra il nostro contributo e i benefici offerti dal programma, incluso uno sconto del 30% rispetto ai termini precedenti”.
L’accordo sull’Erasmus+ dovrebbe spianare la strada ad un’altra intesa, quella sul “Youth Mobility Scheme”, un più ampio programma di mobilità giovanile che dovrebbe permettere a decine di migliaia di giovani tra i 18 e i 30 anni di lavorare e studiare nel Regno Unito per un massimo di tre anni (sempre ovviamente con identiche reciproche opportunità per i giovani british).
Londra e Bruxelles stanno anche negoziando accordi sull’integrazione del mercato elettrico e sul libero scambio di alimenti e bevande. E non a caso ultimamente si è discusso sui media britannici del fatto che per risalire la china dei sondaggi e contrastare l’impetuosa ascesa di Reform UK, il partito di destra radicale con a capo il ‘brexiter’ Nigel Farage, i laboristi potrebbero giocarsi alle prossime elezioni proprio la carta della Brexit e cioè di promettere un ritorno nel vantaggioso alveo europeo.

