Da macellaio a presidente della Camera di Commercio e Industria Italiana per il Regno Unito: Roberto Costa ne ha fatta di strada dal 2012 quando aprì a Londra il suo primo negozio di carne con la mercanzia in vetrina. In un’intervista al nostro giornale l’imprenditore dall’accento inconfondibile (“e beh sono genovese ”), 52 anni, tre figli, spiega la sua filosofia sul lavoro e preannuncia: “Insegneremo cucina italiana ai detenuti di una prigione inglese”.
Dunque tu nasci ristoratore grazie all’ispirazione che ti ha dato tuo nonno
In realtà nasco ristoratore da una tradizione di famiglia, avevamo una trattoria nel 1990, mio nonno era macellaio e mi ha dato l’ispirazione per creare il progetto che mi ha fatto conoscere nel panorama inglese, il concetto del macellaio frutto di questa visione che avevo da piccolo da dietro il banco del suo negozio
La cultura della bottega?
Sì, e il garbo del commerciante d’altri tempi
Tu però avevi già aperto in Italia dei ristoranti
Sì, il concetto e la filosofia del progetto de “il macellaio” partono nel 2001 in Italia e nel 2012 ho voluto aprire in una città cosmopolita e in quell’anno c’erano le olimpiadi a Londra, quindi mi sembrava la scelta giusta
Hai ancora i ristoranti in Italia?
Delle partecipazioni che non gestisco più io
Quindi sei fisso a Londra?
Sì, con i tre ristoranti e la presidenza della camera di commercio italiana che mi prende molto tempo
Fondamentalmente tu sei un manager della ristorazione nell’approccio. Ti muovi come un direttore d’orchestra?
Mi piace il concetto della direzione autorevole, e la formazione per insegnare quello che noi sappiamo fare al meglio, cioè l’ospitalità. Dopo il covid abbiamo aperto anche a ragazzi di altre nazionalità come India Pakistan e Bangladesh, circa 40, per formarli sull’enogastronomia italiana e riuscire a trasferire la nostra cultura a esponenti di altre popolazioni. Altrimenti, se continuiamo a cantarcela e suonarcela, tra due generazioni chiudiamo tutto

E come vanno le tue attività?
Direi bene, nonostante le difficoltà degli ultimi anni. Abbiamo cercato di capire e abbracciare il cambiamento. Siamo in due, io e Mariella Radici
Con la Camera di Commercio invece quando hai cominciato a collaborare?
Sono nel CDA da 8 anni e presidente dall’anno scorso
In cosa consiste questa attività?
Si tratta di proporre una visione al board, condividerla e metterla a terra, stare al timone e far capire che c’è una sola strada per uscirne. Sono fondamentali le relazioni, è una struttura apolitica ma deve capire la politica per muoversi al meglio. È bello, è sfidante. Gli associati ad oggi sono 210 e appartengono a tutti i settori. Impari un sacco di cose. Imparare è la cosa che mi piace di più.
La Camera opera solo a Londra o in tutto UK?
Parzialmente in tutto UK, ma dobbiamo riuscire ad uscire dalla predominanza del circondario londinese.
Come funziona in pratica?
Implica una moltitudine di iniziative e attività; eroghiamo dei servizi alle aziende per agevolare il loro inserimento in UK facendogli capire com’è il mercato mettendo in contatto i protagonisti, creando eventi e work shop di aggiornamento, cerchiamo di instaurare iniziative con partner equivalenti.
In un’intervista ’hai equiparato il ruolo del ristorante italiano a quello di un’ambasciata
I ristoranti italiani sono come dei consolati generali, fare ristorazione italiana va oltre il far da mangiare, quello è ovvio, ma il ristorante italiano rappresenta la nostra nazione in qualche decina di mq, ne esprime l’atmosfera, la cultura dell’ospitalità e la capacità di stringere relazioni. È l’insieme di tutto questo, non solo il cibo.
Immagino tuttavia che ormai ci siano ristoranti fondati da italiani di nascita che oggi sono gestiti dai figli nati qui, riescono a mantenere questa dimensione di cui parli tu e la vocazione del consolato generale?
Alcuni ci riescono, non tutti e non è facile, serve autenticità e devi averla vissuta
Li frequenti, li provi?
Sì, mi piace girare provare e capire com’ è il mercato, la competizione ti fa crescere
Sei andato a trovare Giorgio Locatelli alla National Gallery
Sì, sono andato all’inaugurazione, lui è un grande
Ormai è un ambasciatore della cultura italiana nel mondo, lo coinvolgi?
È molto impegnato – noi dobbiamo creare una massa critica e fare sistema per risultare credibili. Non è facile, serve tempo al di là del mestiere di ognuno
Cosa intendi quando dici dobbiamo creare una massa critica?
Dobbiamo puntare sull’autenticità insieme per far crescere il movimento del made in Italy, per questo serve tempo. Se tuttavia non ce l’hai e porti avanti il messaggio come Locatelli va benissimo
Mi sembra di poter dire che noi italiani non siamo famosi per far sistema, penso alla cultura del campanile, quella del proprio orto per intenderci
Lasciami dire, nel nostro paese è così, condivido, all’estero però siamo un po’ più bravi
Concordo, è come quando c’è la nazionale. Riesci a fare tutto questo?
Sì anche perché devi sapere che da circa un anno sono presidente del Coordinamento dei ristoranti italiani all’estero, un’iniziativa fortemente voluta dalla FIPE, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, per organizzare la rete dei ristoratori italiani in attività in tutto il mondo. Il Coordinamento coinvolge 15 Paesi, dall’Australia agli Stati Uniti, dalla Finlandia all’Oman, ed ha l’ambizione di rappresentare le migliaia di ristoranti di cucina italiana promuovendone l’autenticità e la qualità e contrastando le troppe imitazioni. Inoltre, rappresento l’Italia a Bruxelles al tavolo di HOTREC – Association of Hotels, Restaurants & Cafés in Europe per l’hospitality.
Certo che ti apre un sacco di prospettive, devi andare in giro per il mondo?
Prossima tappa Cipro ed è probabile che a breve vada a Kiev…La ristorazione è come una palla in movimento perenne, le persone stanno cambiando abitudini su come e cosa mangiare, rappresenta un discorso di convenienza non di risparmio, ed è una distinzione fondamentale; conveniente può essere una cosa molto costosa ma eccezionale ed unica, chi va solo al risparmio esprime una dimensione limitante dal mio punto di vista. Londra rappresenta tutto questo, perché consente uno scontrino adeguato, altrimenti l’imprenditore rimane schiacciato
Il prossimo passo è la politica?
Non credo. Adesso porto avanti i centri di formazione e mi trovi particolarmente entusiasta per un progetto nuovo che stiamo concretizzando; mi riferisco alla creazione del primo centro di produzione della cucina italiana in un penitenziario inglese. Produrremo sia cucina sia mozzarella e burrata. L’iniziativa si chiamerà Progetto S. Leonardo, che è il patrono dei carcerati. Il penitenziario e a Sutton, la High Down Prison. Questo progetto è nato, perché avevo formato dei ragazzi inglesi che avevano avuto dei problemi ai quali ho poi dato anche il lavoro, è piaciuto molto e quando l’hanno saputo dalla prigione mi hanno contattato per mostrarmi degli spazi da dedicare a questo scopo. Inizialmente saranno coinvolti venti detenuti. Una volta scontata la pena avranno una possibilità grazie al mestiere appreso.
Ti rubo ancora qualche minuto e faccio il mio rituale. C’è una domanda che vorresti sentirti fare?
Sinceramente no, anzi ce ne sarebbero tante…Una domanda che mi faccio spesso è: se domani dovessi partire per un viaggio di sola andata sulla luna, stasera cosa mangeresti? Mangerei battuta con uovo e tartufo, costata e berrei barolo Tre Tine di Giuseppe Rinaldi
E con chi?
Questa è una bella domanda. Considerato che parliamo di un sogno ti direi con i miei genitori
Andrea Campagnolo
