In Cina l’avrebbero già costruito in un battibaleno come è avvenuto per l’avveniristico sistema ponti-tunnel nel mare tra Hong Kong e Macao, in Italia invece nuovo grosso intoppo per il ponte sullo stretto di Messina: se ne parla da decenni e sembrava ormai che fosse in dirittura di partenza ma lo scorso 29 ottobre il progetto definitivo è stato a sorpresa bocciato dalla Corte dei Conti.
I giudici contabili si sono presi fino a trenta giorni per specificare nei dettagli il perché e percome del pollice verso ma in effetti, pur avendo avuto il via libera del governo Meloni con il ministro dei Trasporti Matteo Salvini gongolante, il progetto da 13,5 miliardi di euro continua ad essere al centro di parecchie controversie: a giudizio dei suoi detrattori non rispetterebbe a pieno le leggi sull’ambiente e sulle norme anti-sismiche, lascerebbe a desiderare sulle stime di traffico e potrebbe costare alla fine molto più del preventivato.

Né Salvini né la premier Georgia Meloni hanno ad ogni modo aspettato le argomentazioni dettagliate della Corte dei Conti e sono subito partiti a muso duro contro i giudici. “Questa decisione è un grave danno per il Paese e appare una scelta politica più che un sereno giudizio tecnico”, ha accusato Salvini. “È l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del governo e del parlamento”, ha tuonato la Meloni mostrando la stessa insofferenza che manifesta il presidente americano Donald Trump nei confronti della magistratura indipendente.
In teoria il governo potrebbe decidere di tirare diritto e aggirare la bocciatura con un’apposita delibera del Consiglio dei Ministri accampando interessi pubblici imprescindibili ma lo stesso Salvini ha adottato alla fine una linea più morbida: meglio aspettare le motivazioni della Corte dei Conti e rispondere punto per punto. È convinto che si tratta soltanto di uno stop provvisorio e che i lavori – l’inizio previsto era a novembre – potranno incominciare nel prossimo febbraio.
Agli antipodi delle reazioni del governo le forze di opposizione hanno esultato allo schiaffo della Corte dei Conti e si capisce: considerano il progetto del Ponte un immane spreco di denaro pubblico e sostengono che le priorità dovrebbero essere altre, soprattutto se si tiene conto delle condizioni disastrose in cui versano la rete ferroviaria e quella autostradale in Sicilia e Calabria.
Di sicuro di false partenze per il mitico Ponte ce ne siano già state più di una negli ultimi decenni ma – dopo che il progetto è stato approvato in via definitiva dal governo Meloni lo scorso 6 agosto – sembrava che questa fosse la volta buona.
“E’ un’opera strategica per lo sviluppo di tutta la nazione. Non è un’opera facile ma ci piacciono le sfide difficili quando sono sensate”, aveva sottolineato la premier Giorgia Meloni e indubbiamente si tratta di una grossa sfida sotto il profilo ingegneristico: se mai sarà costruito quello sullo Stretto di Messina dovrebbe diventare il ponte a campata unica più lungo al mondo con un’estensione complessiva di 3.666 metri, alto 72 metri, in grado di reggere fino a terremoti di magnitudo 7.1 della scala Richter.

