
Doveva essere la ciliegina sulla torta del vertice Ue-UK del 19 maggio per il decisivo rilancio dei rapporti post-Brexit tra il Regno Unito e il Vecchio Continente dopo anni di tensioni e invece niente: e’ slittato l’accordo sul programma che dovrebbe permettere ad un nutrito contingente di giovani europei di studiare e lavorare da questa parte delle Manica per qualche anno in cambio di una reciproca agevolazione per i giovani britannici.
Il primo ministro di Sua Maesta’ Keir Starmer e i capi di Bruxelles (Ursula Von der Leyen, Antonio Costa, Kaja Kallas) hanno assicurato che l’accordo ci sarà (al momento è soltanto “di principio”) ma intanto malgrado mesi di tira-e-milla non ce l’hanno fatta a scodellarlo in tempo per il summit.
A dispetto di questa vistosa questa battuta d’arresto tutti i partecipanti al vertice di Londra a Lancaster House hanno lo stesso fatto a gara nelle iperboli parlando di intesa “storica” (Von der Leyen), di “nuova era” (Starmer), di “cruciale reset” dei rapporti dopo i lunghi e profondi scontri sulla Brexit e si sa che sovente i politici la sparano grossa per nascondere la modestia dei risultati. Sul bilancio del vertice i giudizi sono in effetti disparati: per qualche media (ad esempio in Italia il Corriere della Sera) la montagna ha partorito il topolino, per altri di manica più larga sono state poste le basi per una cooperazione sempre più intensa e mutualmente vantaggiosa. A detta del pragmatico Starmer le intese si tradurranno per UK in un beneficio di nove miliardi di sterline all’anno e – dulcis in fundo – in un prossimo futuro (forse il prossimo autunno) consentiranno ai britannici l’uso dei tornelli automatizzati (i cosiddetti e-gates) per l’ingresso nei Paesi Ue.
Ma se i rapporti sono tornati così al bello permettendo intese importanti su disparate aree (difesa e sicurezza in primis, riduzione dei controlli per i prodotti agroalimentari UK in Ue, alleanze nel settore energetico, prolungamento dei diritti di pesca) come mai non è stato possibile annunciare l’atteso accordo sulla mobilità giovanile tanto voluto da Bruxelles?
Con ogni probabilità sir Keir ha frenato, fortemente frenato dopo che alle elezioni locali parziali dello scorso 1° maggio il partito Reform Uk di Nigel Farage – estrema destra, pro-Brexit, pro-Trump, anti-immigrazione e anti-Europa – ha stravinto umiliardo il Labour Party. Ha addirittura cambiato il nome del programma: in origine si chiamava “Youth Mobility Scheme”, è diventato “Youth Experience Scheme” in modo da togliere una parola tabù come “Mobility”… Ogni menzione di “libera circolazione”, pur se limitata agli europei under 30 e ben circoscritta, lo terrorizza.
Farage ha d’altronde espresso la sua assoluta ostilità al ritorno dei giovani europei in UK, un ritorno che a suo giudizio “reintrodurrebbe la libera circolazione delle persone bocciata dai sostenitori della Brexit”. Non da meno Kemi Badenoch, leader del partito conservatore, che ci vede – Oddio! – l’anticamera di una “migrazione senza limiti”.
In effetti Farage e Kemi Badenoch osteggiano un po’ tutte le intese raggiunte il 19 maggio con l’odiata Europa, in particolare quella che concede agli europei (leggi francesi, olandesi e norvegesi) diritti di pesca a lungo termine nelle acque territoriali del Regno Unito. Il primo ha gridato al “tradimento” degli interessi nazionali e la seconda ha parlato di “resa”. Anche l’ex-premier Boris Johnson, brexiter in capo alla pari di Farage, ha tuonato contro i frutti del vertice Ue-UK a Lancaster House come se il povero Starmer avesse svenduto ai biechi continentali l’argenteria di famiglia.
Al di là del “riallineamento” più o meno pronunciato con l’Unione Europea il ritardo nel varo dello Youth Experience Scheme appare particolarmente sconcertante se si considera che il Regno Unito ha programmi simili con parecchi Paesi, incominciando da Australia e Nuova Zelanda, e quindi si poteva partire da un “copia e incolla” adattandolo al contesto europeo. La verità è che malgrado abbia votato al referendum del 2016 per la permanenza nell’Unione europea e quindi sia a tutti gli effetti un “remainer” il premier laborista non se la sente di riaprire vecchie e non rimarginate ferite proprio adesso che Farage appare in fortissima ascesa malgrado quest’ultimo abbia già dato ai connazionali la fregatura della Brexit. Quindi ai ragazzi europei in desiderosa attesa di una full immersion nel brodo britannico non resta che aspettare ancora un po’.
