Nel 1725, quindi giusto trecento anni fa, veniva pubblicata ad Amsterdam una serie di concerti per violini “made in Italy” destinati a diventare tra i più popolari pezzi musicali di tutti i tempi. Li aveva composti qualche anno prima il veneziano Antonio Vivaldi, soprannominato “il prete rosso” per il colore dei capelli, e i primi quattro sono diventati universalmente famosi come “Le Quattro Stagioni”.
L’anniversario è stato già ampiamente ricordato in Italia nel corso del 2024, con un po’ d’anticipo quindi e con molte esecuzioni celebrative. L’Arena di Verona ha ad esempio organizzato lo scorso 28 agosto un’esperienza “immersiva” delle Quattro Stagioni fondendo suono e immagini per una “celebrazione multisensoriale della natura, ispirata dalle famose note di Vivaldi”.
Questi quattro concerti (ognuno dedicato ad una stagione) sono i primi di una serie di dodici che “il prete rosso” inserì in una raccolta intitolata Il cimento dell’armonia e dell’inventione op.8 e affidata per la stampa alle officine tipografiche olandesi dell’editore Michel-Charles Le Cène.
“Le Quattro Stagioni” rappresentano uno dei primissimi esempi di musica a programma, cioè di composizioni a carattere prettamente descrittivo. E sono accompagnate da altrettanti sonetti descrittivi, scritti con ogni probabilità dallo stesso Vivaldi, morto nel 1741 a Vienna all’età di 63 anni.
Pur essendo adesso uno dei pezzi più eseguiti nelle sale concertistiche di tutto il mondo, “Le Quattro Stagioni” sono diventate davvero popolari – così come altre composizioni di Vivaldi, in vita noto soprattutto come virtuoso del violino e autore di una quarantina di opere liriche – – soltanto dopo la fine della seconda guerra mondiale.