È una delle colonne del mondo cattolico a Londra dove opera dal 2000 facendo attivita’ pastorale soprattutto tra gli emigrati italiani e lo scorso 12 aprile ha festeggiato una meta fatidica: cinquant’anni di sacerdozio. Per l’occasione “La Notizia” ha intervistato padre Elio Alberti, della congregazione scalabriniana.
Padre Elio, come è cominciata l’avventura UK?
Io sono di Lumezzane in provincia di Brescia e in qualità di missionario mi è stato detto nel 2000: c’è bisogno là, sai in fondo noi siamo dei “dipendenti”. Non conoscevo l’Inghilterra, non parlavo inglese, né tantomeno sapevo guidare a sinistra. La prima volta che sono andato in giro con padre Ziliotto ero attaccato alla macchina terrorizzato perché mi aspettavo l’incidente ad ogni momento. Il giorno in cui sono dovuto andare a dire la mia prima messa dissi al mio Confratello: “Giandomenico, guarda non riesco ad arrivarci”. Poi mi sono fermato un attimo ed ho avuto l’illuminazione pensando: “in Italia per guidare a destra costeggi la linea bianca al centro della strada, bene, qui è lo stesso solo che la devi tenere dall’altra parte”. Dopo 20 minuti, torno a casa e dico a Giandomenico: “problema risolto”
Parliamo ancora degli inizi…
Come ho detto, era il 2000 e l’ordine degli scalabriniani nasce per aiutare i migranti, partendo dal presupposto che sono persone che arrivano per lavorare e dare un contributo alla costruzione della società e non per disturbare, visione oggi molto diffusa. Per noi l’emigrazione è un valore, non un problema.
In realtà lo è ancora, forse sempre più difficile da comprendere visto che spesso si confonde e viene percepito con altri propositi: ad esempio come un grande business
Certo, fin quando l’Europa o altre aree del mondo si chiudono e le persone non possono venire liberamente, l’aumento degli ostacoli incrementa i modi e i tentativi di aggirarli; vedi barconi e tratta balcanica. Nell’UK stesso nonostante ci sia molta attenzione al fenomeno della clandestinità, le persone entrano. E mi colpisce molto quando sento fare le statistiche sui clandestini, perché mi chiedo: “se fate la statistica significa che sapete”
Forse sono clandestini invisibili
Sono visibilissimi
Molto dipende dall’opinione pubblica e le pressioni che mette
Chiaro. Soprattutto se li si dipinge come criminali tout court, quando molti di essi lavorano e non sono pericolosi. Certi alcuni sì, così come anche molti inglesi o italiani in Italia.
Chiaro che, se non risulto ufficialmente e non sono in regola ho più motivi di orientarmi verso alcuni metodi di sussistenza poco ortodossi per non dire illegali.
L’immigrazione non va vista esclusivamente come un fenomeno di ordine pubblico, è anche un fenomeno d’integrazione
Lei Padre, che società vive oggi, visto che è in grado anche di fare una comparazione?
Indubbiamente è cambiata, ci sono evidenti segnali di ristagno ed involuzione ma, secondo me, la prospettiva è ottima nonostante sia fortemente problematica, giustamente chiede soluzioni, la nostra è una società bella con tante possibilità sulle quali non si ha il coraggio di scommettere soprattutto rispetto alle nuove generazioni. Il fatto è che gli anziani non vogliono cedere il passo e lasciar spazio alle ricchezze che già sono presenti: Noi adulti dobbiamo incoraggiarli, perché ci daranno molto.
Se dovesse fare un bilancio della sua esperienza britannica?
Le cose più difficili sono state impatto e ambientazione a freddo con una società e una cultura che non conoscevo, compresa la lingua. IL tipico Inglese è cordiale e freddo, per cui difficilmente entri in amicizia, e per quanto ci si integri e i rapporti siano buoni, rimani uno straniero. Per il resto si vive in una quotidianità ordinata con buona qualità della vita.I momenti più interessanti sono quelli legati alla nascita e allo sviluppo delle comunità; vederle coinvolte e soddisfatte dà grande soddisfazione
In chiesa sono in tanti la domenica?
Tra i migranti sì, in quelle inglesi certe sì certe no, la Chiesa cattolica è più viva rispetto alla church of England. C’è un’altra relazione con il trascendente, la psicologia ha sostituito la confessione e quando vengono a raccontarsi tutto questo si percepisce.
Ci parli dei suoi inizi di sacerdote, prima dell’arrivo in Gran Bretagna
La mia vita si divide in due, una prima in Italia come formatore dei ragazzi seminaristi e come cappellano del carcere di massima sicurezza a Vercelli, in cui all’epoca c’erano i terroristi dell’OLP a seguito dell’attentato sull’Achille Lauro”.
Sembra di parlare di 500 anni fa…
È una realtà pazzesca in cui hai modo di verificare come anche persone che hanno commesso reati dai meno gravi a quelli più efferati, abbiano una loro etica. Soprattutto verso chi commette crimini contro i bambini, erano rigorosi nell’isolarli e discriminarli, o causare accidentali cadute dalle scale. Nei primi tempi avevo 5 persone in chiesa, poi ad un certo punto si è riempita, allora ho chiesto cosa fosse successo ad alcuni detenuti. Mi hanno risposto: “Tu ti preoccupi di noi e noi ci preoccupiamo di te”
È incredibile cosa faccia il rispetto verso le persone pur non condividendone l’operato. È un’attività che svolge anche a Londra?
Me lo avevano chiesto, il sabato, ma in quel giorno sono super impegnato, così come lo è il mio Confratello Padre Ziliotto e, visto che lo hai già intervistato, saprai che facciamo molti chilometri per andare presso varie comunità – ne abbiamo fondate molte di nuove anche tra brasiliani e portoghesi – italiani a parte ovviamente.
È inclusa anche l’attività burocratica?
Si, diamo un supporto, il consolato lavora bene ma noi riusciamo a stringere i tempi.
C’è il rischio di una tendenza all’isolamento? Vedi il ruolo sempre più pervasivo della tecnologia.
In questo la tecnologia non ci aiuta, non aiuta l’interiorità, dare il telefonino a bambini di due anni anziché farli giocare a pallone non è una scelta saggia. Anche in virtù di questo la Chiesa, probabilmente, dovrà rivedere il suo ruolo
Tornando alla sua opera Padre, super attivo nonostante 50 anni di sacerdozio e che il 1 agosto scoccano i 75? Sia lei che Padre Ziliotto avete un fisico da ragazzini per tenere questi ritmi
Grazie al cielo godiamo di buona salute
Detto da un sacerdote grazie al cielo è bellissimo
Io non capisco i ragazzi quando dicono: “è una vita d’infelicità”.
Quando sento dire che questo atteggiamento è molto diffuso, perché non hanno futuro rimango sempre perplesso, cosa vuol dire non avere futuro? Non è un alibi secondo lei?
Certo! Tenere i giovani in questo modo, non dando loro modo di far fruttare le loro qualità come contributo per un arricchimento della realtà umana. Non facciamo fiorire le piante. Tutto questo proliferare di corsi per l’orientamento al futuro, paradossalmente, non fa che aumentare indecisione e insicurezza capaci solo di posticipare il loro ingresso nel circolo produttivo della società.
Della mancanza di cultura della tolleranza del fallimento che dice?
È una cosa che inizia fin da bambini, trasmettere che non si possa perdere, che non è tollerabile, quando in realtà tutti hanno le loro sconfitte, anche chi ottiene risultati importanti
Magari costruendo proprio sulle sconfitte le proprie vittorie.
I genitori le nascondono, per loro il proprio figlio non può essere da meno, se un docente muove un’osservazione o da’ valutazioni insufficienti nascono tragedie che sfociano spesso in aggressioni verbali o, addirittura, fisiche
Va ripensata secondo lei? Non è facile.
È vero, il difficile può però diventare alibi, e gli esempi belli ci sono. Raccogliere le persone, fondare comunità e creare occasioni di incontro per educare e formare, senza portare il cellulare
In fondo Lei e padre Ziliotto fate le corvèe, non siete mai stanchi?
Cos’è la stanchezza rispetto a ciò che ricevi? È pieno di esempi anche tra i semplici, anche in carcere tra la zavorra che vedevo c’era dello straordinario
Adesso è ora del mio rituale: c’è una domanda che vorrebbe sentirsi fare?
Se nel riassumere la mia vita sono felice o no
La domanda per eccellenza quindi? Allora glielo chiedo
Il 13 aprile di 50 anni fa ho detto la mia prima messa, e non avrei mai pensato di vivere una vita così piena e così ricca, ovviamente con tutte le difficoltà connesse, altrimenti potrebbe sembrare tutto rose e fiori. Intendo i cambiamenti, le ingiustizie vissute, ma la capacità di andare oltre e perdonare e ringraziare. Mi sento una persona felice.
Si capisce che lei è una persona appagata
Ho 75 anni ed è brutto vedere persone arrivate ad una certa età non provare questo, dovrebbero sprizzare gioia
Andrea perché hanno fatto una vita piena e invece sono tristi.
Andrea Campagnolo