Partire è un poco morire e dunque andarsene via dal proprio Paese non è un semplice trasferimento fisico alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro ma un fenomeno complesso che impatta nel profondo sulla mente e sul cuore di chi emigra. È il punto di partenza di un libro di Anna Pisterzi e Gaia Figini che è stato presentato e dibattuto lo scorso 11 marzo al Consolato d’Italia a Londra e che vuole essere una specie di guida psicologica all’espatrio.
Entrambe presenti all’evento, le due psicologhe hanno indicato che il loro progetto è Inizialmente nato per rispondere alla crescente domanda di terapia in lingua madre da parte di persone emigrate e si è poi evoluto fino a diventare un percorso di ricerca scientifica sui temi della migrazione e sull’efficacia delle terapie online. Questa evoluzione è stata possibile grazie alla collaborazione con la Fondazione Migrantes e le università di Torino e Palermo.
Il volume apripista, curato dalla Cooperativa Transiti, si intitola “Traiettorie. Guida psicologica all’espatrio” e punta a colmare il vuoto di attenzione sugli aspetti psicologici legati all’espatrio, spesso trascurati nel dibattito pubblico. Non si propone come un manuale prescrittivo, ma come uno strumento di prevenzione e miglioramento del benessere psicologico degli italiani all’estero.
Nel volume si esplorano le diverse fasi del percorso migratorio, identificate nelle tappe “Immaginare, Progettare, Partire, Esplorare, Tornare, Rifiutare e Integrare”. Ogni fase invita il lettore a riflettere su domande fondamentali: “Perché ci si sposta? Per chi? Da dove? E in quale momento della propria vita?”.
Un aspetto particolarmente significativo del libro è il capitolo “Cose”, che esplora il valore psicologico di oggetti di uso quotidiano come il passaporto, la valigia e la casa. Questi oggetti, spesso considerati banali, assumono significati inaspettati nel contesto dell’espatrio, diventando simboli di transizione e cambiamento. Il viaggio, infatti, non si riduce al solo atto di partire, ma implica anche la necessità di lasciare qualcosa o qualcuno. Questo processo richiede un’attenta gestione delle aspettative e delle emozioni, che giocano un ruolo cruciale nell’adattamento e nel benessere psicologico dell’individuo.
Anche il ritorno, spesso considerato un semplice “tornare indietro”, è in realtà un’esperienza complessa, che può trasformarsi in una nuova ripartenza. Le relazioni familiari e di amicizia, in molti casi, fungono da sistemi conservativi, rendendo più difficile il riconoscimento del cambiamento vissuto da chi espatria. Questo aspetto evidenzia l’importanza di comprendere e gestire le emozioni legate al distacco e alla reintegrazione.
LaRedazione
L’incontro al Consolato ha rappresentato un’importante occasione di confronto su queste tematiche e ha offerto utili spunti di riflessione utili sia per chi vive all’estero sia per chi si occupa di supporto psicologico alla comunità italiana nel mondo.