


Si parte da un corno di ariete e si arriva all’indulgenza plenaria. Ovvero dal yobel, il cui suono annunciava una festa ebraica, al Giubileo della Chiesa Cattolica, solennità del perdono generale elargito dal Papa ogni tot anni. Questa grazia giubilare per i credenti, nacque quasi per caso con Bonifacio VIII nel 1300.
Pare infatti che a Natale 1299 si presentasse alla porta di Roma una folla di vetusti pellegrini in cerca di una leggendaria “indulgenza plenaria” al volgere del secolo garantita con la visita al sepolcro di Pietro. In Vaticano nessuno ne sapeva nulla, ma il Cardinale Jacopo Caetani degli Stefaneschi prese la palla al balzo e immortalò la faccenda nel documento “De centesimo sive Jubileo anno liber”. Quindi Bonifacio VIII il 22 febbraio 1300 emanò la Bolla “Antiquorum Habet” e fu un successo planetario.
Folle di pellegrini si misero in marcia per visitare le Basiliche di San Pietro e San Paolo per lavarsi dai peccati e dai cronisti contemporanei si deduce che in quell’anno l’afflusso fu almeno di 30.000 al giorno! Quindi i Romani si organizzarono. Per ospitare tale immensa migrazione di devoti, ansiosa di pentirsi davanti a portentose reliquie come la Colonna della Fustigazione, il Legno della Croce, i Chiodi della Crocifissione, il Panno della Veronica e altro, tutti si improvvisarono albergatori e il mercato delle vettovaglie si alzò a vette vertiginose, tanto che si dovettero subito calmierare i prezzi. Miracolosamente ci fu da mangiare per tutti, scarseggiò solo il fieno per i cavalli,ma tale era l’entusiasmo di italiani, francesi, inglesi, ungari, alemanni etc, che il Giubileo si rivelò un grande successo da ripetere e non solo ogni cento anni.
Per il Papa fu un’occasione straordinaria per ristabilire la supremazia e l’unità della sua Chiesa, nonché rasserenare rapporti politici fra bellicosi Re e Imperatori. Come i pellegrini si accalcavano in San Pietro e San Paolo, così ci fu la fila di ambasciatori da ogni paese europeo per baciare la sacra pantofola, per non passare da miscredenti.
Il Cardinale Stefaneschi intanto teneva la cronaca del giubileo e contava le sue entrate Queste arrivarono a 315.000 fiorini d’oro, che servirono per restauri e ingrandimenti dei possedimenti della Chiesa, nonché abbellimenti artistici.
Vedi il grandioso affresco commissionato a Giotto per San Giovanni in Laterano, di cui purtroppo rimane un frammento, un magnifico Trittico per l’altare dei canonici in San Pietro, un grande mosaico commemorativo andato perso.
Roma conobbe un grande fervore edilizio e urbanistico, in cui si buttarono pure i vari ordini monastici, mentre il popolo ingrossava le entrate inventando i Bed&Breakfast. La cosa non sfuggì ai vari cronisti dell’epoca, vedi Giovanni Villani, uno dei tanti fiorentini “inviati speciali” fra consumati mercanti e banchieri in erba.
Lui e i suoi colleghi concordano sulla fede sincera dei pellegrini, strabiliati e frastornati dalla ricchezza della città: chiese, palazzi, monumenti, glorie storiche, fasti imperiali, luoghi mistici, attività commerciali e fervore religioso. Ma concludono che “ricchissima divenne la Chiesa, sicché si è venuta formando l’opinione che quel giubileo non solo fu un grande affare finanziario, ma un affare pensato come affare, un’occasione per raunar denari e tesori”.
Tra la folla giubilare pare si aggirasse anche un altro noto fiorentino:Dante. Di sicuro fu a Roma nel 1301 con l’ambasceria di Firenze al Papa, ma nel XVIIIesimo canto dell’Inferno c’è un chiaro rifermento al Giubileo. Paragona infatti il procedere in due sensi dei peccatori ai pellegrini che sul Ponte Sant’Angelo si incrociavano in due sensi di marcia:
“…come i Roman per l’esercito molto / l’anno del Giubileo su per lo ponte/hanno a passar modo colto / che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso un castello e vanno a San Pietro/da l’altra sponda van verso il monte”
Dante non si sbilancia oltre sulla moltitudine di gente che ingolfò la Città Eterna per tutto l’Anno Santo, ma di sicuro non aveva in simpatia chi lo proclamò. Per Dante Bonifacio VIII è il vessillifero della corruzione morale della Chiesa, colui che trasformò la tomba di Pietro in “una cloaca di sangue e de la puzza.”
Il politically correct non si addice a Dante. Di sicuro storse la bocca allo spettacolo di prelati arricchiti, pellegrini defraudati e popolino che mirava a riempirsi le tasche piuttosto che al rinnovamento spirituale, per non parlare del traffico di false reliquie. Tuttavia l’iniziativa mise radici e 50 anni dopo fu proclamato da Clemente VI il secondo Giubileo, caldeggiato ardentemente addirittura da Francesco Petrarca.
Margherita CALDERONI
