
Lord Byron arrivò a Ravenna nel 1819 al seguito della sua giovane e aristocratica amante conosciuta ad una festa sul Canal Grande a Venezia, Teresa Gamba, e continuò l’appassionata relazione stabilendosi a casa di lei, sposata con Alessandro Guiccioli, un conte di 40 anni più vecchio. E proprio lì, a Palazzo Guiccioli, il poeta-simbolo del più scapestrato romanticismo inglese scrisse alcune delle sue opere più famose e migliori.

Dallo scorso 30 novembre è possibile fare una full immersion in quel mondo: proprio a Palazzo Guiccioli, riportato agli antichi fasti dopo un lungo e costoso rifacimento, ha aperto i battenti un museo dedicato a Byron che a Ravenna sotto lo stesso tetto dell’amante visse fino al 1821 tra alti e bassi ricevendo tra l’altro la visita del suo amico Percy Shelley, anche lui grande poeta romantico inglese. Gli organizzatori sottolineano che è l’unico museo al mondo dedicato esclusivamente a Byron. Nemmeno nel Regno Unito c’è qualcosa di simile.
L’inaugurazione del museo ha tra l’altro coinciso con il secondo centenario della morte del poeta che a Ravenna compose “Don Juan”, “Sardanapalus”, “The Prophecy of Dante”, “Marino Fallero”, “The Two Foscari” e il canto finale di “Childe Harold’s Pilgrimage”.
Tra la contessina e il lord fu amore a prima vista e il museo prende le mosse da lettere e gioielli di lei, che conservò con cura anche una ciocca dei capelli riccioluti dell’amato e altri “souvenir” ora esposti nelle sale e integrati con un ricco corredo multimediale. il museo vuole essere letterario e rievoca la figura del poeta geniale, viaggiatore in Europa e in Oriente, nonché l’eroe “fatale”, “dandy scontroso”, , l’uomo alla moda che divenne egli stesso prototipo per la società dell’epoca. Di qui la nascita del mito dell’eroe romantico, melanconico e solo, ribelle alla società e alle convenzioni, che nella città italiana nota in tutto il mondo per i suoi splendidi mosaici bizantini giunge al culmine della propria espressione poetica e alla compiuta estetizzazione della sua vita.
L’ esposizione museale – incentrata sul concetto che l’incontro con la contessa Teresa cambiò la traiettoria esistenziale e anche quella letteraria di Byron – evoca e testimonia la memorabile presenza in Palazzo Guiccioli di un’icona dell’Ottocento letterario europeo, considerato da Goethe, “il massimo genio poetico del suo secolo”.
George Gordon Noel Byron, VI barone Byron, più semplicemente noto come Lord Byron – che a Ravenna si guadagnò la spicciativa nomea di “inglese matto” – se ne andò via dall’Inghilterra, inseguito dai debiti e dagli scandali, nel 1816 e non ci mise più piede. Vagabondò per l’Europa fino al fatale incontro veneziano con la bella Teresa che nel 1821 seguì a Pisa per poi morire di malattia ad appena 36 anni il 19 aprile 1824 quando si era unito agli indipendentisti greci in lotta contro il giogo turco. La sua ultima lettera all’ amante è del 17 marzo di quello stesso anno, a riprova di quanto forte e costante fosse rimasto il legame.
Avendo avuto Byron contatti e simpatie per i carbonari che complottavano per l’unità d’Italia esiste un legame sotterraneo con un altro museo appena aperto in un’altra zona di Palazzo Guiccioli e dedicato al Risorgimento.
Ma che cosa ne fu della musa di Byron dopo la sua morte nel 1824? La bella Teresa, morta quasi un mezzo secolo dopo (nel 1873), ebbe ancora molti amanti tra cui il drammaturgo Henri Edward Fox, il musicista Ippolito Collet e lo scrittore Alphonse de Lamartine. Nel 1847 divenne contessa de Boissy grazie alle seconde nozze con un nobile francese che ebbe un ruolo politico importante al tempo di Napoleone III. Anche con quest’ultimo l’aristocratica ravennate, palesemente una “femme fatale”, ebbe una breve relazione.
LaRedazione