
Milano intensifica la guerra alla sigaretta: dallo scorso 1° gennaio il divieto di fumo in città è stato esteso a tutte le aree pubbliche o ad uso pubblico all’aperto, incluse vie e strade, ad eccezione quindi delle aree isolate in cui è possibile rispettare la distanza di 10 metri da altre persone.
Il comune del capoluogo lombardo, governato dal centro-sinistra, ha così deciso per la tutela della qualità dell’aria e la salvaguardia della salute di cittadini e cittadine.
Il divieto di fumo riguarda solo i prodotti del tabacco, mentre è ammesso l’utilizzo di sigarette elettroniche (e-cig).
In città, il divieto di fumare era già in vigore dal 2021 in alcune zone specifiche come le fermate dei mezzi pubblici, i parchi e le aree verdi, tra cui le aree cani e le aree giochi, i cimiteri e gli impianti sportivi.
Il provvedimento ha l’obiettivo di contribuire a ridurre il PM10, ossia le particelle inquinanti nocive per i polmoni, e quindi di migliorare la qualità dell’aria della città, a tutela della salute dei cittadini e delle cittadine, comprendendo altresì la protezione dal fumo passivo nei luoghi pubblici, frequentati anche dai più piccoli
. “Questo secondo step – spiega l’assessora all’Ambiente e Verde Elena Grandi – è in primis un’azione di sensibilizzazione che punta a scoraggiare stili di vita che sappiamo essere dannosi per la salute di tutte le persone, non solo dei fumatori. Il fumo di sigaretta, secondo i dati di Arpa Lombardia, è infatti responsabile del 7% delle emissioni di polveri sottili. Stiamo parlando, quindi, di un provvedimento che vuole essere un’azione concreta di cui potranno beneficiare tutti, sia in termini di salute personale che di benessere generale. I comportamenti dei singoli possono fare la differenza e contribuire al miglioramento della qualità dell’aria della nostra città, quindi, da fumatrice, sarò la prima a cambiare le mie abitudini”.
L’assessora si è detta “consapevole che fare rispettare questo provvedimento non sarà semplice né immediato” ma “anche convinta che sarà uno strumento per avviare un vero cambio culturale”, non da ultimo grazie all’appoggio di tutta la comunità scientifica.
LaRedazione