DA PANDEMIA A INFODEMIA: RICERCA TIRA LE ORECCHIE AI MEDIA

DA PANDEMIA A INFODEMIA: RICERCA TIRA LE ORECCHIE AI MEDIA

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 Interventi talora allarmistici sull’emergenza delle varianti virali (in realtà fenomeno normale e atteso per qualunque virus), spiegazioni confuse sul valore clinico di alcuni test diagnostici, esitazioni e dubbi sulla vaccinazione a seguito di eventi avversi, anche quando rarissimi: i media non hanno molto brillato nella copertura della pandemia, tanto che si puòanche parlare in parecchi casi di “infodemia” e cioè di una piaga di informazioni eccessive e contraddittorie se non false. 

   Il ruolo dei mezzi di comunicazione nella pandemia da COVID-19 è stato studiato per la prima volta in profondità da una ricerca internazionale coordinata dal Dipartimento di Medicina molecolare dell’università romana La Sapienza, in collaborazione con l’Università dell’Insubria, con la Banca del Sangue della Toscana nord-occidentale, con l’AristotleUniversity in Grecia e con l’Università spagnola di Valencia.

  Gli errori dei media hanno “finito col creare paure infondate nel pubblico e, soprattutto, significativi danni alla credibilità delle istituzioni”, sottolinea Guido Antonelli della Sapienza, coordinatore del lavoro. 

  “Gli scienziati – sostiene – dovrebbero tendere a non accettare indiscriminatamente inviti sui social media e nei dibattiti, ma ad aumentare il loro impegno sui canali di comunicazione ufficiali. Naturalmente, anche i giornalisti dovrebbero stare alla larga da qualsiasi sensazionalismo”.  

  La ricerca si conclude con tre consigli: le istituzioni sono invitate a “porsi, tramite i portavoce, come principali interlocutori con la stampa”; i giornalisti sono pregati di “citare gli atti istituzionali, più che le esternazioni dei singoli ricercatori”; agli esperti si consiglia di “responsabilizzare la propria comunicazione senza eccedere in manie di protagonismo”. 

   Difficile dire se questi inviti hanno qualche probabilità di essere seguiti. In Italia, ad esempio, i virologi – grazie alla loro onnipresenza in tv – sono addirittura diventati i nuovi sex symbol. “L’intelligenza – ha spiegato a questo proposito la dottoressa Rosamaria Spina ai microfoni di Radio Cusano Campus – è sexy e ha un certo ascendente sulle persone, il termine “sapiosexual” intende proprio questo, una attrazione fisica e sessuale da parte delle persone, la parte mentale che attira sessualmente il singolo. In questo caso i virologi ci stanno insegnando come questo modello di sapiosessualità sta effettivamente prendendo molto piede”.

La Redazione