GOVERNO DI SALVEZZA NAZIONALE IN ITALIA

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LO GUIDA “SUPERMARIO” DRAGHI

   By Bye, Conte bis: dal 13 febbraio scorso, al termine di una crisi al rallentatore innescata a inizio dicembre dall’ex-premier Matteo Renzi, l’Italia ha un nuovo governo – una specie di governo di salvezza nazionale – con a capo l’ex-presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi. 

   Cosi’ ha voluto il capo dello Stato, Sergio Mattarella, quando è apparso chiaro che in parlamento non esiste più alcuna maggioranza politica possibile, la pandemia non rende  percorribile l’opzione delle elezioni anticipate e le emergenze sanitarie, economiche e sociali incombono minacciose.

   Settantre anni, , economista, accademico e banchiere, “l’italiano più rispettato all’estero”, “SuperMario” Draghi e’ stato convocato al Quirinale il 3 febbraio scorso e nel giro di dieci giorni ha formato  quello che nelle intenzioni di Mattarella deve essere un governo di alto profilo istituzionale “che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”.

   Oltre alla vaccinazione anti-Covid, partita a stento e da accelerare con tutti i modi, il governo Draghi dovrà approntare nei prossimi mesi le riforme e i piani per utilizzare al meglio la montagna di soldi (209 miliardi di euro) che dovrebbe riversarsi  sulla Penisola in base al “Recovery Fund”, il progetto europeo di rilancio post-Covid. Proprio su questo progetto si era incartato il governo Conte bis, al punto da provocare la fuoriuscita di “Italia Viva”, il partitino dell’ex-premier Matteo Renzi cruciale per la maggioranza al Senato.

   Al potere dal 1 giugno 2018, prima con una maggioranza di centrodestra composta da Movimento Cinque Stelle e Lega e poi  (dal settembre 2019) con una maggioranza di centro-sinistra (Movimento Cinque Stelle, Partito democratico, Leu e Italia Viva), l’equilibrista Giuseppe Conte ha cercato di rimanere in sella a dispetto della sfiducia di Renzi cercando di racimolare un po’ di senatori a briglia sciolta ma a inizio febbraio  ha dovuto dimettersi  perché’ il suo disinvolto tentativo di attirare un certo numero di senatori “responsabili” è miseramente fallito.

    Chiamando Draghi al Quirinale Mattarella ha lanciato un appello a “tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica” e tutti i partiti – con l’esclusione con quello più a destra e cioè Fratelli d’Italia – ha risposto all’appello.

   Assente del tutto dai social, famoso per aver salvato l’euro e aver evitato con il “Quantitative Easing” la bancarotta di Paesi superindebitati come l’Italia malgrado le riserve tedesche, Draghi non ha praticamente detto nulla durante i dieci giorni di consultazioni sfociati nella formazione della sua compagine ministeriale e tanto silenzio ha dato al stura alle ipotesi più disparate su come SuperMario voglia porre rimedio ai troppi mali di un’Italia da troppo tempo imbalsamata.

   Alla prova dei fatti, il governo Draghi (il sessantasettesimo dal 1945) è un mix di tecnici e di (vecchi) politici scelti con il bilancino così da non scontentare nessuno dei partiti disposti ad appoggiarlo in parlamento. I tecnici sono stati chiamati  per la gestione del “Recovery Fund”,  dell’economia e della scuola mentre le altre poltrone sono state distribuite ai politici in base al peso dei vari partiti. Particolare significativo: non sono stati i partiti a scegliere chi dei loro volevano piazzare al governo. La cooptazione è stata fatta in totale autonomia da Draghi e da Mattarella, tanto da giustificare chi parla di un commissariamento della politica alla luce della sua incapacità gestionale e progettuale.

   Chi chiedeva una forte discontinuità rispetto ai governi Conte e fantasticava di un “governo dei migliori” è stato però in parte deluso perché sono rimasti al loro posti  i ministri degli Esteri (Luigi di Maio), della Salute (Roberto Speranza) degli Interni (Luciana Lamorgese), della Difesa (Lorenzo Guerini)  e della Cultura (Dario Franceschini) mentre parecchie “new entries” sono  in effetti “old entries” perché’ si tratta di personaggi che hanno già ricoperto incarichi ministeriali in precedenti governi.

   Anche se il governo Draghi si è appena insediato e ha davanti a se’ enormi sfide (basti pensare che a fine marzo scade il blocco dei licenziamenti) già si discute in Italia sulla sua possibile durata. In teoria potrebbe rimanere in carica fino a fine legislatura (2023) ma nel febbraio del 2022 il parlamento sarà chiamato a eleggere un nuovo presidente della Repubblica e il papabile numero uno è proprio lui, Draghi, che quindi potrebbe lasciare Palazzo Chigi per il Quirinale in meno di un anno aprendo così la strada a elezioni politiche immediate.