“Aiutami a fare da solo”

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Educare i figli all’autonomia

“Aiutami a fare da solo”. Riprendo questa citazione di Maria Montessori, con cui avevo concluso l’articolo del penultimo numero, perché, nella sua semplicità racchiude un concetto fondamentale dell’educazione: il fine ultimo dell’operato di un educatore, sia che si tratti di un genitore, di un insegnante o di qualsiasi altra figura educativa, è di portare il bambino o la persona su cui esercita la sua azione formativa all’autonomia e quindi, di conseguenza, a far sì che il suo ruolo non abbia più ragione di esistere. Ovviamente, questo è l’obiettivo ultimo e teorico che, nella pratica e soprattutto quando si tratta del rapporto genitori-figli, probabilmente non si raggiunge mai del tutto. Si potrebbe dire che il rapporto educativo tra genitori e figli in realtà non si esaurisce mai, anche se, con il passare del tempo, cambia modalità, proporzioni e, ad un certo punto e in determinati momenti della vita, i ruoli possono addirittura invertirsi. Ciò non toglie che, quando si parla esclusivamente di educare all’autonomia, l’educatore debba davvero puntare a ridurre via via, fino ad eliminare del tutto, la necessità del proprio intervento.

L’autonomia è un obiettivo fondamentale da far raggiungere ai propri figli. Ovviamente, è importante aiutare i bambini in questo in modo graduale, sereno, incoraggiante e, soprattutto, adatto alla loro età e alle loro capacità. Camminare, parlare, usare le mani, mangiare, bere, usare il wc, lavarsi, vestirsi, ecc. sono azioni primarie che ogni bambino sano può compiere in modo sempre più autonomo, con il progredire dell’età e delle esperienze che fa. Talvolta, però, le circostanze famigliari, gli orari di lavoro che impongono tempi stretti, la stanchezza o le preoccupazioni, a volte, forse, anche un po’ di pigrizia, possono portare uno o entrambi i genitori a sostituirsi al bambino nel fare quello che potrebbe fare lui o ad aiutarlo quando, invece, sarebbe già in grado di fare da solo. Questo spesso accade per un motivo tanto banale quanto comprensibile: lasciare che il bambino faccia da solo o insegnargli a fare da solo, se ancora non ne è capace, richiederebbe un tempo e una pazienza che spesso non c’è o non si ha voglia di trovare. Ad esempio, un bambino di quattro o cinque anni è in grado di fare colazione da solo, bevendo il latte da una tazza, mangiando i cereali con il cucchiaio… Però, se il bambino in questione è ancora un po’ lento in questo, è evidentemente più pratico, per il genitore che lo deve accompagnare a scuola per poi andare al lavoro, preparargli un bel biberon con latte e biscotti solubili e farglielo bere durante il tragitto in auto o a piedi. Permettere al bambino di fare da solo comporterebbe dei sacrifici, come, ad esempio, alzarsi un po’ prima, organizzare diversamente la routine mattutina, imporsi di avere pazienza… Lungi da me il voler condannare il genitore riluttante ad affrontare questi sacrifici, anzi, ha tutta la mia comprensione! Tuttavia, se si sforzasse di affrontare, almeno per un certo tempo, i suddetti sacrifici, il genitore (o entrambi i genitori) in questione farebbe a suo figlio un grande regalo per la sua crescita e la sua autostima, permettendogli di provare a comportarsi “da grande”. Inoltre, dopo qualche giorno o settimana, il piccolo diventerebbe sicuramente più abile e veloce sia in questa che in altre autonomie che gli vengano insegnate, rendendo anche, di conseguenza, la vita più facile ai genitori. 

Altre volte, la causa di questo comportamento genitoriale è la tendenza ad essere troppo apprensivi di alcuni genitori che, invece di favorire l’autonomia del loro bambino, per paura di lasciarlo andare lo “mantengono piccolo”. Lo accudiscono in tutto, come quando era neonato o, comunque, ancora troppo piccolo per fare da sé. Anche questo è senza dubbio un comportamento comprensibile, però non certo ottimale per lo sviluppo delle autonomie del bambino e la crescita equilibrata della sua personalità.

Comportandosi in questo modo, qualunque siano le ragioni sottostanti, i genitori trasmettono al proprio figlio un messaggio di sfiducia nella sua capacità di essere autonomo. Gli dimostrano con i fatti, che sono più efficaci ed incisivi per il bambino di qualsiasi messaggio gli venga comunicato a parole, che non credono che lui sia in grado di fare da solo. Gli fanno percepire che lo considerano troppo piccolo e ancora incapace. Questo, oltre a minare alla base le sue possibilità di costruirsi un buon livello di autostima, lo spingerà a comportarsi in base all’immagine di sé che vede rispecchiata nell’atteggiamento che i suoi genitori hanno nei suoi confronti: farà il bambino piccolo, dipendente, chiederà aiuto anche quando potrebbe fare da solo e, probabilmente, farà anche parecchi capricci. D’altra parte, questo è ciò che involontariamente arriva al bambino: un messaggio di sfiducia nelle sue capacità. E la sensazione che ne deriva potrebbe accompagnarlo in tutta la sua crescita.

Cosa fare, quindi? È fondamentale incoraggiare con fiducia i propri figli a far sempre più da soli. L’Ideale sarebbe farlo come un gioco, senza forzarli mai, ma proponendo loro tutto gradualmente, come una bella conquista, come un piacere. Dapprima lo si può fare accompagnandoli fisicamente nei movimenti, poi con l’esempio, puntando sulla loro capacità di imitazione. Poi, magari, si può iniziare a guidarli solo verbalmente fino a che sapranno fare in autonomia quell’azione per cui fino a poco tempo prima avevano bisogno di aiuto. Si sentiranno più sicuri di sé e soddisfatti, sentiranno che stanno crescendo e, forse, faranno anche meno capricci, perché si sa: i capricci li fanno i bambini piccoli…

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