SONO ANGOSCIATA, LO AMO MA HO PAURA DI DELUDERLO

SONO ANGOSCIATA, LO AMO MA HO PAURA DI DELUDERLO

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   Claudia ci scrive

“Sto da un anno con un ragazzo che mi piace molto, sotto tutti i punti di vista. Andiamo d’accordo, ci sto benissimo, mi piace fisicamente e caratterialmente. A volte, però, mi sento assalire dall’angoscia. Non riesco a non pensare che potrei deluderlo, che potrei non essere abbastanza, che potrei essere sbagliata. E se un giorno lo tradissi? Gli spezzerei il cuore. E se volessi viaggiare per il mondo? Come potrei spiegargli che lo abbandono? Mi sento in prigione, mi sento come se non ci fosse via di scampo. E inizio a fantasticare, come sarebbe bello essere single, non avere legami, flirtare con altri uomini. Quando succede, mi chiudo in me stessa, lui cerca di ricreare la nostra connessione e io mi sento ancora più ansiosa. Io ne sono innamorata. Perché ho tanta paura di portare avanti una così bella relazione?”

Cara Claudia, 

  Non sono una psicologa, quindi la mia risposta è del tutto “informale”, ma la descrizione di come ti senti mi fa immediatamente pensare alla “Teoria dell’attaccamento” di John Bowlby. Lo psicoterapeuta inglese sviluppò questa teoria durante la prima metà del 1900, approfondendo, tra gli altri, gli studi di Freud sul rapporto madre- bambino. Le conclusioni mostrarono che gli esseri umani sviluppano diversi tipi di “attaccamento” in base al rapporto che hanno avuto da neonati o bambini con le figure di riferimento (per esempio la madre). Bambini cresciuti in un ambiente “protetto”, in cui la figura di riferimento è sempre presente, pronta a nutrire e consolare, sviluppano un attaccamento sicuro: si sentono tranquilli nel relazionarsi con il prossimo e si fidano, sanno stare anche da soli e sono curiosi di esplorare l’ambiente circostante. Bambini cresciuti in ambienti in cui la figura di riferimento non presta attenzione ai loro bisogni (per esempio madre o padre dipendente dall’alcol o che soffrono di grave depressione) mostreranno comportamenti ansiosi: paura di essere soli, pianto immotivato, crisi nel vedere allontanare la madre.

  La teoria dell’attaccamento è stata in seguito ripresa da svariati studiosi, per spiegare le relazioni di coppia. 

  Ho trovato molto interessante il resoconto che ne fa Emily Nagoski, una sessuologa americana, nel suo libro “Come as you are”. La studiosa spiega che l’innamoramento deriva dalla nostra naturale tendenza a cercare completezza. Abbiamo un istinto innato nel ricercare la vicinanza con l’altro: la nostra famiglia, i nostri amici, le nostre relazioni sociali. Nel momento in cui una persona diventa l’oggetto principale del nostro desiderio di intimità, ce ne riconosciamo innamorati.  Come il bambino cerca un porto sicuro nei genitori, da adulti cerchiamo quella stessa sensazione di protezione nel nostro partner: lo chiamiamo se abbiamo passato una brutta giornata, ci facciamo coccolare se siamo stanchi, ci manca se va via. 

  Il modo in cui ci “attacchiamo” al nostro partner, però, dipende proprio da che stile di attaccamento abbiamo sviluppato. Molto dipende dal modo in cui I nostri genitori si sono comportati nei primi anni della nostra vita e molto, ancora, dipende dalle esperienze relazionali che facciamo durante i primi anni della nostra adolescenza. 

Quelli tra noi che hanno sviluppato un attaccamento sicuro riescono a fidarsi dei propri partner, non hanno particolari insicurezze riguardo se’ stessi o la relazione.

  Coloro che sviluppano un attaccamento insicuro si dividono per la maggior parte in due sottocategorie: attaccamento ansioso e attaccamento evitante.  

  Coloro che sviluppano un attaccamento ansioso sono terrorizzati dalla possibilità di essere abbandonati. Per evitarlo, cercano disperatamente di tenere l’altro legato a sé, con continue gelosie, richieste di rassicurazioni, ricerca di attenzioni. 

  Ma, e qui sta il punto che penso ti riguardi, anche l’adulto con attaccamento evitante ha esattamente le stesse paure con cui, però, si approccia in maniera diversa: per non essere abbandonato “evita” di legarsi troppo. 

  Ha imparato, da bambino o ragazzino, che essere abbandonati da qualcuno che si ama fa molto male, quindi fa fatica a legarsi veramente, per proteggersi da quell’eventualità. Desidera tantissimo quella sensazione di intimità che una relazione d’amore può donare. Ma, quando la relazione diventa seria si sente in pericolo, perché più la relazione è seria, più sarebbe difficile accettare di essere abbandonato.  

  Ha imparato, quando piangeva da bambino ma la mamma non arrivava, o quando è stato deriso da tutta la scuola per avere scritto una letterina alla bimba che gli piaceva, che esprimere I propri sentimenti non porta nulla di buono. Allora evita di comunicare il proprio amore e, se gli viene chiesto di farlo, si sente sopraffatto dalle proprie emozioni e reagisce sopprimendole. 

  Desidera sentirsi amato, ma si sente inadeguato ad esserlo nella realtà, quindi si rifugia in fantasie di relazioni casuali, in cui potrebbe sentirsi desiderato, ma non portare sulle spalle la responsabilità della felicità di un’altra persona. 

  Da come ti sei descritta, mi sembra molto plausibile che tu abbia sviluppato uno stile di attaccamento “evitante”.

  Cosa fare della tua relazione, puoi deciderlo soltanto tu. Non credo che lasciare un ragazzo di cui sei innamorata e con cui sta bene, sia la scelta migliore, però.

  Le tue paure non andranno via quando lo lascerai, si ripresenteranno e prima o poi, volente o nolente, dovrai affrontarle. E allora, perché fare domani quello che potresti fare oggi? Perché non iniziare questo viaggio di riscoperta di te adesso?   

  Proprio come ti consiglierebbe Socrate, il mio suggerimento per te è: “conosci te stessa”. Una volta che avrai capito da dove derivano le tue paure, scacciarle sarà molto più facile. 

 Ti consiglio la lettura di “Emotional Intimacy: A Comprehensive Guide for Connecting with the Power of Your Emotions” di Robert Augustus Masters, che ci insegna a capire le nostre emozioni, per creare relazioni appaganti e vivere con consapevolezza di noi stessi.