MI CHIAMO ILARIA, DA UN ANNO HO UNA FIDANZATA, CI AMIAMO MOLTO...

MI CHIAMO ILARIA, DA UN ANNO HO UNA FIDANZATA, CI AMIAMO MOLTO MA….

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    Ilaria ci scrive:

“Ho 22 anni e da un anno ho una fidanzata. Non posso dirlo a mia madre, perché so che non approverebbe. Io e lei ci amiamo molto. Parliamo del nostro futuro insieme, vogliamo viaggiare, tenerci per mano e fare tutto quello che fanno gli innamorati. Ma non posso nemmeno invitarla ad una cena di famiglia. Soffro tantissimo. Sarò costretta a lasciarla per la mia famiglia, un giorno? Sono sbagliata? Sono sporca? Sono contro natura, come dicono tante volte i miei, guardando la TV?”

Cara Ilaria, 

  Sono molto felice per te. Non ti preoccupare, ho letto bene la tua lettera piena di sofferenza, ma ho scelto di concentrarmi su una nota positiva: sei innamorata e ricambiata, hai trovato un’anima gemella alla tua. Lo sai com’è difficile trovarsi? Ti prego, nei momenti di tristezza, concentrati su questo fortunatissimo evento.

  In ogni caso, non posso non rattristarmi leggendo le tue parole. Che la tua felicità debba essere compromessa per motivi tanto futili, secondo me, è un peccato mortale. 

  Voglio innanzitutto rispondere alla tua serie di domande: no, no, no e, infine, no. 

 Vediamo di capire perché.

  Purtroppo, non posso spiegarti perché ami una donna. Un articolo su Focus, di Marta Erba, asserisce che, sebbene gli scienziati da circa un secolo, cerchino di capire se l’omosessualità sia una caratteristica innata o acquisita, non sono ancora riusciti a rispondere. Quello che sappiamo per certo, però, è che gli specialisti hanno oggi definitivamente rigettato la tesi che nell’omosessualità ci sia qualcosa di patologico. Purtroppo, soltanto nel 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità la eliminò dalla classificazione internazionale delle malattie. Meglio tardi che mai. 

  Già nel 1935 però Freud, in una lettera alla madre di un ragazzo omosessuale scriveva: Cara signora,
deduco dalla sua lettera che suo figlio è omosessuale. […] L’omosessualità non è certo un vantaggio, ma non c’è nulla di cui vergognarsi, non è un vizio, non è degradante; non può essere classificata come una malattia; riteniamo che sia una variazione della funzione sessuale, prodotta da un arresto dello sviluppo sessuale. Molti individui altamente rispettabili di tempi antichi e moderni erano omosessuali, tra di loro c’erano grandi uomini. (Platone, Michelangelo, Leonardo da Vinci, ecc).

 Cercando di darti una risposta, ho deciso di partire con l’esposizione di Nicla Vassallo in “Il matrimonio omosessuale è contro natura. Falso!”

  Tu mi chiedi: “sono contro natura?”. Questa definizione dell’omosessualità come contro natura deriva dall’influenza che la religione ha sulla società civile. San Paolo, nella “Lettera ai Romani” scrive: Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini. Ora però, come fa notare Vassallo, come possiamo dire che l’omosessualità sia contro natura, quando invece, proprio dagli animali non umani, che sono quelli più vicini allo stato di natura rispetto a noi, che non hanno condizionamenti sociali ed etici, l’omosessualità è praticata? E io aggiungo, se da sempre è praticata dall’uomo, a prescindere dall’era storica, dalla cultura, dagli usi e costumi o, come direbbe Marx, a prescindere dalle sovrastrutture, come può essere contro natura? Mi fermo qua sul concetto di “contro natura”. Perché per un pregiudizio così illogico e fondato sul niente ho già sprecato troppe righe. 

  Mi chiedi se sei sporca o sbagliata. Io ti dico che sei pulitissima e splendente, come tutte le anime che hanno conosciuto l’amore autentico, platonicamente parlando, la forza che eleva al divino. Infatti, la “sporcizia” di cui vieni accusata, non è altro che il risultato della preoccupazione umana rispetto al corpo, che induce le persone a proiettare sulle minoranze le proprietà del disgusto – cattivo odore, viscidume, ipertestualità – di cui le persone hanno paura, come dice Martha Nussbaumin “Nascondere l’umanità. Il disgusto, la vergogna, la legge”. Nel caso specifico delle donne, la discriminazione deriva dal loro rifiuto di uniformarsi alla famiglia patriarcale.  Secondo la filosofa, tutte le società selezionano dei gruppi di individui che vengono bollati come “anomali” e costretti a vergognarsi. Perché stigmatizziamo e puntiamo il dito? Perché rifiutiamo la nostra stessa debolezza, la grossolanità dei nostri stessi corpi, ci illudiamo di poter controllare ogni aspetto della nostra esistenza e ci vergogniamo di non essere infallibili. Questa vergogna si trasforma facilmente in aggressività verso il “diverso”.Ma cos’è il diverso? Secondo Nicla Vassallo. Siamo tutti diversi ed unici. L’importante è vivere questa unicità con gli altri, capire che la società ed ogni forma di collettività è l’insieme di tante unicità, non la loro esclusione. 

  Quindi, cara Ilaria, non fare nulla contro natura, contro la tua natura, sii te stessa. Anche se a volte pensi che sarebbe più facile nasconderti, per essere accettata dai tuoi, a lungo andare, l’avere rinnegato la tua autenticità ti porterebbe sofferenze enormi. Conformandoti, omologandoti perderesti la tua dimensione autentica, diventando quello che Heidegger chiama “il Si”. Ovvero l’individuo superficiale, che si muove nel mondo secondo la logica del “si fa”. Questo, secondo il filosofo, porta a una dimensione scadente dell’esistenza, a una perdita di profondità, di capacità di interrogarsi, a vivere su scelte fatte da altri. E, sai come si fa a tornare alla vita autentica, secondo Heidegger? Tramite l’angoscia che ci spinge a porci delle domande, a indagare e a trovare il nostro se’ autentico. Quindi, sono contenta di sentirti angosciata, significa che sei sulla strada giusta. Ti auguro che questa situazione si risolva al meglio e che al pranzo di Natale con la tua famiglia, possa esserci la tua ragazza. 

Ti consiglio la lettura di 

L’ultima riga delle favole, di Massimo Gramellini