Come gestire la noia dei figli

Come gestire la noia dei figli

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Quando vediamo i nostri figli che si annoiano, quando ci dicono: “Non so cosa fare…a cosa giocare….uffa”, in genere scatta in noi istintivamente la preoccupazione di trovare loro qualcosa da fare, un passatempo, qualcosa da leggere. A volte, addirittura, interrompiamo quello che stavamo facendo per giocare con loro o portarli al parco o, quantomeno, proporre delle idee su cosa potrebbero fare.
C’è da dire che questo non succede tanto spesso durante l’anno scolastico perché, tra scuola e attività extra scolastiche, come gli sport o i vari corsi di danza, musica o altro, per non parlare di eventuali corsi di recupero, i nostri figli sono impegnatissimi… e noi con loro. Però, durante le vacanze o nella particolare situazione che abbiamo recentemente vissuto con il lockdown, la noia talvolta si ripresenta e noi genitori ci sentiamo subito chiamati in causa per liberarne i nostri pargoli, quasi come fosse una nostra colpa o sconfitta il fatto che loro non abbiano niente di coinvolgente da fare.
In realtà, un po’ di noia, non solo non è per niente dannosa, ma, anzi, può essere un potente stimolo per l’intelligenza e la creatività dei nostri bambini o ragazzi.
Non vorrei essere fraintesa. Non sto dicendo che non dobbiamo giocare con i nostri figli, che non dobbiamo più iscriverli a corsi vari (sempre che si tratti di attività di loro interesse). Ovviamente, passare del tempo con loro e fare in modo che coltivino degli interessi è molto positivo ed importante per la loro mente, per il loro corpo e anche per lo sviluppo delle loro capacità di relazione sociale.
Ciò non toglie che qualche momento di inattività, di “dolce far niente” possa essere altrettanto utile e stimolante, sicuramente più di una qualsiasi attività scelta solo con la funzione di “tappabuchi”.
A questo punto, però, dobbiamo fare delle distinzioni. C’è noia e noia, come c’è modo e modo di oziare.
Per esempio, il bambino (o la bambina) che, seduto o sdraiato nella sua cameretta o sul tappeto del soggiorno ha lo sguardo perso chissà dove non si sta affatto annoiando, sta fantasticando. Sta viaggiando con la fantasia in mondi più o meno realistici e vivendo avventure fantastiche. La sua fantasia sta lavorando a pieno ritmo, esercitando e sviluppando la sua creatività.
Perché ho citato questo esempio se ho appena scritto che il bambino/a in questione non si sta annoiando? Perché la sua mamma, che sta scrivendo un’email di lavoro o preparando la cena (o magari si sta rilassando cinque minuti dopo aver fatto entrambe le cose e molto altro) si sentirà probabilmente mordere dai sensi di colpa al pensiero che suo figlio/a si stia annoiando e non abbia niente di interessante da fare. Di conseguenza, si darà da fare per trovargli un riempitivo, cosa non richiesta né direttamente né indirettamente dal soggetto di tanta attenzione e premura. Questo per dire che, a volte, noi genitori vediamo noia e solitudine nei comportamenti dei nostri figli quando, invece, c’è rilassamento e creatività.
Altre volte, però, la noia c’è davvero e, in questo caso, non lascia spazio al dubbio. I più piccoli sbuffano, piagnucolano, si lamentano apertamente di non aver niente di divertente da fare. Se ci sono fratelli o sorelle da prendere come bersaglio, li tormentano (o si tormentano a vicenda) con dispetti di ogni genere. In caso di preadolescenti o adolescenti, di solito il comportamento tipico prevede lo sbuffare annoiati lasciandosi cadere a peso morto sul divano per poi alzarsi e ricadere sul proprio letto, oppure immergersi come non ci fosse un domani in un videogioco.
È naturale che un genitore cerchi di porre fine a questo strazio, però dobbiamo tenere presente che più diamo ai nostri figli soluzioni pronte, preconfezionate, proposte già organizzate e articolate, meno la loro creatività ed iniziativa personale saranno stimolate.
E allora come possiamo fare? Laddove la situazione lo permetta e la reazione alla noia dei soggetti in questione sia sopportabile, possiamo provare semplicemente ad aspettare, facendo finta di niente e continuando con le nostre faccende. Può darsi che il bimbo/a o il ragazzo/a arrivi da solo/a a ribellarsi a questa situazione di tedio e trovi una soluzione, una via d’uscita, usando per l’appunto la sua creatività ed immaginazione.
Se non dovesse riuscirci o le sue lamentele e il suo sbuffare fossero in maniera evidente una richiesta d’aiuto (o troppo pesanti da sopportare), si può dare qualche suggerimento che sia abbastanza aperto da lasciare spazio alla loro iniziativa, ma al tempo stesso non troppo generico da non fornire, in realtà, nessun valido aiuto. Per esempio, si potrebbe dire: “Sono sicuro/a che se fai un giro in camera tua osservando bene i giochi e i libri che hai, ti verrà certamente qualche idea interessante.” In questo modo, si indirizza la ricerca in un ambito più preciso che dicendo qualcosa di troppo generico come: “Pensaci e vedrai che ti viene in mente qualcosa da fare”, ma senza dare una soluzione già completamente confezionata, come potrebbe essere “gioca con le costruzioni “. Inoltre, si gratifica il suo orgoglio facendo trasparire la fiducia nella sua capacità di trovare una soluzione da solo/a.
Questo atteggiamento di sostegno e incoraggiamento, ma al tempo stesso di fiducia nelle capacità di fare da soli dei propri figli, andrebbe esteso a molte altre situazioni in cui i genitori tendono ad intervenire in maniera troppo diretta e, diciamo pure, un po’ invadente, spesso agendo loro al posto dei figli. Questo atteggiamento spesso è giustificato dalla fretta o dalla paura che i bambini (ma spesso anche i ragazzi più grandi) si possano fare male o causare danni se fanno cose per cui non li riteniamo pronti. Tutto questo è comprensibile, ma è importante ricordare che il compito di un educatore è di arrivare a far sì che il suo intervento non serva più, rendendo l’educando completamente indipendente e autonomo. Come diceva Maria Montessori, di cui si sono appena celebrati i 150 anni dalla nascita, “AIUTAMI A FARE DA SOLO/A”