PARLAMENTARI: NE BASTANO 600?

PARLAMENTARI: NE BASTANO 600?

REFERENDUM IL 20 E 21 SETTEMBRE

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Gli italiani, dentro e fuori dei patrii confini, sono chiamati alle urne il 20 e 21 settembre per il referendum sul taglio dei parlamentari (da 945 a 600) e, puntuale, si è di nuovo infiammato il dibattito su disservizi, abusi e frodi connessi con il voto per posta all’este- ro e su che cosa si deve fare per porvi rimedio.
Sull’esito del referendum non sembrano esserci dubbi (passerà alla grande il sì al taglio) e, se di dubbi ce ne fossero stati, sono stati del tutto dissipati dall’incredibile “scandalo” scoppiato il 9 agosto scorso quando si è saputo che cinque parlamentari hanno chiesto i sussidi per la pandemia riservati ai lavoratori autonomi (seicento euro al mese) malgrado abbiano uno stipendio mensile di oltre tredicimila euro senza contare i tanti altri “fringe benefit”.
All’estero qualche partito e qualche politico ha invitato gli elettori a votare no al taglio perché’ i parlamentari eletti dagli expats scenderebbero troppo, da 18 a 12, ma l’argomento non sembra abbia avuto molta presa.
Tra l’altro il referendum inizialmente in calendario per lo scorso 29 marzo e poi rimandato per colpa del coronavirus è stato confermato per il 20 e 21 settembre sebbene a fine luglio Michele Schiavone, segretario generale del Consiglio Generale degli Italiani all’estero, ne abbia chiesto un ulteriore rinvio avvertendo che la pandemia, ancora dirompente in molti Paesi, rischia di ostacolare seria- mente la partecipazione al voto dei 4,5 milioni di cittadini italiani residenti ai quattro angoli della Terra.
Il rischio sventolato da Schiavone è ad ogni modo soltanto uno dei tanti denunciati a più riprese nel recente passato in occasione delle scadenze elettorali all’estero.
Secondo la deputata Del Movimento 5 Stelle Elisa Ragusa, eletta nella circoscrizione Europa, è “urgente e non rinviabile” una riforma del voto all’estero. A suo giudizio “tre sono le principali modifiche da effettuare: inversione dell’opzione di voto; introduzione del voto elettronico; rideterminazione delle ripartizioni”.
L’inversione dell’opzione di voto per corrispondenza significa che il diritto è “esercitabile solo su richiesta dell’interessato e riducendo quindi il numero di plichi vaganti per il mondo, inviati spesso anche ad indirizzi di residenza non più aggiornati o a persone decedute”.
Sul secondo punto la deputata grillina è perentoria: “il voto elettronico è il futuro del voto all’estero”. A suo avviso il numero dei parlamentari eletti all’estero deve poi tenere meglio conto del fatto che “la ripartizione Europa, con i suoi quasi tre milioni di connazionali, è dieci volte la ripartizione Africa-Asia-Oceania-Antartide (trecentomila italiani)”.
“Si parla da molto tempo di riformare il voto all’estero ma ha lamentato da parte sua Fucsia Nissoli Fitzgerald, deputata di Forza Italia eletta in Nord e Centro America non si pone mai mano alla riforma, cosa che la presenza di un eletto all’estero, negli ultimi due governi, avrebbe dovuto agevolare e realizzare. Pertanto, mi aspetto che il Sottose gretario Merlo si adoperi in questa direzione al più presto e di concerto con tutti gli eletti all’estero”.
Ugo Di Martino, Presidente del Comites di Caracas e Inter- Comites Venezuela, è intervenuto nel dibattito proponendo che proprio il Venezuela sconquassato dal caos politico e dalla pandemia faccia da Paese pilota per usare il sistema elettronico al posto del “già molto criticato sistema elettorale per corrispondenza”.